Ha fatto il giro dei quotidiani la pronuncia del Giudice del Lavoro di Lecce che, come scritto in precedenza, ha dato ragione ad un prof di Casarano, sospeso 5 anni fa per i voti troppo bassi ai suoi studenti.
La scuola dovrà pagare anche le spese legali, ma il prof in questione a distanza di anni, racconta al Corriere della Sera la sua rassegnazione: “È vero, dopo molti anni ho capito che non si possono valutare davvero i ragazzi per quello che valgono, e quindi spingerli a lavorare e studiare di più. Se tutti gli studenti avessero i voti che meritano, non verrebbe promosso più del 20%”.
Per il prof “spietato”, il problema nasce da come si approcciano i docenti: “il 90% dei professori temo privilegi il proprio interesse privato (mantenere la propria cattedra e non perdere iscritti) rispetto al dovere d’ufficio (valutare obbiettivamente le competenze raggiunte dai suoi studenti)”.
Il docente difende il legittimo metodo di valutazione adoperato, spiegando che gli studenti andrebbero misurati con i voti decimali: “non si tratta di essere severo. Io penso di essere assolutamente normale. Quando sono entrato per la prima volta nell’istituto di Casarano, quello dove è scoppiato il caso, ho sottoposto i ragazzi di prima superiore ad un test matematico che viene proposto dal Miur per bambini di IV e V elementare, volevo valutare le loro condizioni di partenza. E per evitare polemiche ho usato quesiti riconosciuti, non inventati da me. Ma i risultati sono stati imbarazzanti, i ragazzi non erano in grado di rispondere a domande semplicissime: così ho messo loro voti bassi, come meritavano”.
La storia successiva la sappiamo già, con le proteste di studenti e famiglie all’ordine del giorno, e il preside che ha invitato più volte il prof a rivedere il proprio sistema di valutazione, prima della sospensione: “volevano solo tutti, preside, professori e famiglie, che mi adeguassi al sistema”.
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E’ innegabile però che, la decisione del giudice di riabilitare il professore all’epoca criticato per i suoi metodi didattici, abbia rilancia il dibattito su un sistema scolastico contraddittorio, che assiste impotente alla debacle proprio degli studenti pugliesi nelle valutazioni Ocse-Pisa e poi premia quegli stessi studenti con il record di lodi all’esame di maturità.
Il docente, che adesso lavora in un’altra scuola, ha le idee chiare sulla natura di queste contraddizioni: “è molto più semplice accettare il sistema– sostiene il prof- che prevede poche regole chiare e non scritte. Non si possono bocciare più di 6-7 ragazzi all’anno altrimenti non si formano le classi successive. Un tempo accadeva e nessuno si scandalizzava, oggi sarebbe impensabile. Le scuole devono avere un nome solido per potersi permettere di bocciare, altrimenti si fanno terra bruciata intorno. E la stessa cosa vale per i professori: quelli che mettono voti reali, come me, vengono guardati male e costretti a giustificare ogni virgola, per cui quasi tutti si adattano mettendo sufficienze anche a chi non se lo merita. Ed è praticamente impossibile per le famiglie o per la scuola mandare via un docente che non insegna bene. I punteggi in graduatoria dipendono in gran parte dall’anzianità più che dalla capacità di un professore e dalla sua preparazione”.
Sugli studenti meritevoli, il prof non ha dubbi, dice che ce ne sono in media 5-6 per classe e non solo: “una decina non hanno voglia di fare nulla e altri dieci possono migliorare. Quelli che mi danno veramente soddisfazione sono questi ultimi, perché partono da 2-3, e poi arrivano a 8-9 alla fine dell’anno, con costanza e impegno, vengono stimolati dalla competizione e tirano fuori il meglio. Sono quelli che poi mi ringraziano a distanza di anni. Sono loro che mi danno la forza di continuare”.
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