A chi interessa un ministro dell’istruzione preparato, d’alto profilo, conoscitore di tutti i meccanismi che fanno muovere il sovrabbondante carro barocco della scuola? Certamente interessa agli addetti, e quindi al personale, ma per il resto del mondo politico, e no, l’uno vale l’altro.
Dopo Marie Stella Gelmini infatti tutto è possibile; e non perché abbiamo particolare attenzione nei suoi confronti, ma solo per sottolineare la nostra tesi, considerato che fu messa al Miur dall’oggi al domani, senza competenze in materia di istruzione, universitaria e scolastica, e priva di qualunque titolo prestigioso, per esempio: pubblicazioni importanti, studi significativi, attestati accademici, competenze didattiche ecc.
Promesse mirabolanti
Ritornando all’oggi, e in attesa che si formi il nuovo governo, la sensazione che abbiamo non è certo aperta all’ottimismo, visto pure i nomi delle più recenti ministre che hanno occupato la sede di Via Trastevere a Roma (il famoso palazzo della Minerva, la dea appunto, nel mito greco, della sapienza, quella che dà la bussola per capire i mondo, interpretarlo e navigarlo con sicurezza) sono state scelte su discrimini squisitamente politici.
Stefania Giannini per cooptare al governo il gruppo politico di Scelta Civica di Mario Monti; Valeria Fedeli per ricucire lo strappo di Renzi col sindacato e cercare di addolcire la legge 107: tutto qui. Nessuno si è posto il quesito delle competenze specifiche, che non fossero invece solo quelle partitiche o di normale machiavellismo politico.
Al Miur un politico di compromesso?
La percezione dunque che abbiamo, alla viglia dei grandi rivolgimenti (?) che i candidati al Governo della Nazione annunziano, non è ottimistica, nel senso che temiamo che alla fine al Miur andrà qualche politico scelto solo sulla base di un punteggio, per adottare un termine caro ai prof, avuto dentro le aule del compromesso, piuttosto che dentro quelle delle accademie; un ministro insomma che vada bene per gli equilibri e gli equilibrismi, e poi ci penseranno i funzionari a lavorare per lui, come è avvenuto, con il fiato sul collo dei sindacati, le consuete proteste dei prof, i dissidi degli studenti, i lamenti, condizionati, dei genitori.
Temiamo infine che il nuovo ministro, seppure le mirabolanti promesse, sarà un politico di mediazione e di accordo, nella convinzione che al Miur uno vaga l’altro: un generale, con decorazioni, vale quanto un soldato semplice, tanto la scuola a chi vuoi che interessi?