A sollevare la questione è stato il Tar di Catania che, il 10 gennaio scorso, ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi in merito.
I giudici amministrativi hanno ritenuto non manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale, riguardante le norme che prevedono la supervalutazione del servizio di montagna.
E hanno emesso un’ ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in attesa del pronunciamento della Consulta.
Nel marzo scorso, peraltro, anche il Tar Molise aveva emesso un analogo provvedimento, limitandosi a porre la questione sulla legittimità del valore retroattivo di queste norme.
Il Tar Catania, invece, si è spinto oltre, evidenziando il fatto che non vi sarebbero i presupposti giuridici per assegnare un punteggio raddoppiato a chi abbia prestato servizio nelle sedi di montagna. O, comunque, non vi sarebbe la possibilità di assegnare più di 12 punti per ogni anno scolastico, anche se prestato in sedi considerate di montagna.
Si tratta, peraltro, di una questione molto delicata, che coinvolge tutti i docenti precari inclusi nelle graduatorie di terza fascia. E che pone a rischio anche le 45mila immissioni in ruolo effettuate negli ultimi due anni.
Se la consulta dovesse dare ragione al Tar, infatti, ciò comporterebbe la cancellazione della norma sul raddoppio del punteggio di montagna. E quindi, l’amministrazione dovrebbe procedere alla rielaborazione di tutte le graduatorie. A ciò farebbe seguito, inoltre, il riesame di tutte le singole posizioni dei docenti immessi in ruolo dalla terza fascia delle graduatorie permanenti. Ed eventualmente, la revoca dei provvedimenti di assunzione che dovessero risultare non legittimi, sulla base delle nuove graduatorie. Insomma un vero e proprio terremoto.