In questi giorni si sta discutendo molto in merito al film “Il ragazzo dai pantaloni rosa“, incentrato sulla storia di Andrea Spezzacatena, morto suicida ad appena 15 anni nel 2012, vittima di bullismo a scuola per il suo modo di vestire giudicato dai compagni “troppo effemminato”.
La pellicola è stata presentata la scorsa settimana ad alcuni studenti a Roma, che l’hanno guardata senza alcun rispetto per i fatti gravissimi che vengono rappresentati, tra urla, insulti omofobi e commenti irrispettosi. Da qui un putiferio: è intervenuto anche, nel dibattito, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
A dire la sua è stata, a Il Corriere della Sera, la madre del ragazzo, Teresa Manes, che dalla sua morte lavora nelle scuole per sensibilizzare contro la piaga del bullismo. “Mi è dispiaciuto molto. Ma non mi ha trovato impreparata. Quando ha dato l’adesione a questo film che per me è e resta un progetto di sensibilizzazione, avevo preventivato che potesse scoppiare, come una pentola a pressione. Dimostra quanto fosse necessario e quanto serva portarlo nelle scuole. Ma i ragazzi devono essere accompagnati alla visione”, ha esordito.
La donna ha parlato della responsabilità dei docenti: “I ragazzi avranno anche sbagliato, ma prima di loro ha sbagliato chi non li ha preparati prima né redarguiti dopo. Il silenzio che ferisce non è solo quello dei ragazzi che magari vedono e si voltano dall’altra parte perché hanno paura di essere giudicati, o non si vogliono impicciare”.
Valditara, qualche giorno fa, ha detto di voler incontrare i responsabili dei gesti irrispettosi compiuti durante la presentazione del film. Manes vorrebbe partecipare: “Vorrei esserci anche io a quell’incontro. In parte condivido l’idea che i ragazzi devono essere richiamati alle loro responsabilità. L’aspetto punitivo fa parte del processo educativo. Ma io vorrei portare una cultura di pace. La sensibilizzazione delle coscienze non la fai affilando le armi”.
La madre ha anche commentato le lamentele di alcuni genitori di una scuola di Treviso che non vogliono che la pellicola venga mostrata scuola ai loro figli: “A me fa paura che la scuola, di fronte all’opposizione di due o tre genitori, abbia deciso di fare un passo indietro. Di questo ho avuto notizia subito, perché c’erano altri genitori, favorevoli alla proiezione, che mi hanno contattato. Serve coraggio, se vuoi affrontare il problema, non basta aderire in maniera generica alle giornate anti-bullismo senza mettere in atto un lavoro profondo”.
“Il fatto di vedere che io sono rimasta in piedi, parlo, che sono viva, che sono stata in grado di affrontare questo tsunami, è ciò che arriva ai ragazzi. Se questa madre è in piedi, immagino che pensino, anche io ce la posso fare. Andrea non c’è più ma ci sono tanti che soffrono un disagio, che si sentono soli. Facciamo qualcosa per loro”, ha aggiunto, parlando degli incontri che organizza nelle scuole.
E, infine, ecco alcune battute sulla proiezione prevista a scuola il prossimo 4 novembre: “So che tanti istituti stanno manifestando un interesse massiccio, di questo non posso che essere contenta. C’è tempo per preparare il terreno, lo dico al ministro, ai professori. La lotta al bullismo e all’omofobia è un percorso. Spero che ci sia la reale volontà di percorrerlo. Questo film è una grande occasione”.
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