“I risultati di apprendimento degli studenti”, dice a corollario l’indagine, “dipendono dalla qualità dell’insegnamento, che a sua volta dipende in modo significativo dalla formazione iniziale e da quella in itinere dei docenti.“
E dal sondaggio, da poco pubblicato e che ha coinvolto 32mila neo immessi in ruolo, è emerso che se per un verso i neo professori sono soddisfatti della loro preparazione sulla disciplina, dall’altro sono critici sulle competenze didattiche pedagogiche e tecnologiche fornite coi corsi di abilitanti.
Infatti è stato chiesto loro: “Come giudicano i docenti neoassunti le diverse componenti della loro formazione iniziale? Quali sono stati i percorsi formativi iniziali in grado di conferire loro gli strumenti professionali più efficaci di fronte alle difficoltà quotidiane del lavoro?”
In sintesi gli stessi esperti della Fondazione dicono che i neo assunti sono “piuttosto sicuri della loro preparazione disciplinare, ma sono fortemente critici e ritengono inadeguate le competenze pedagogiche, didattiche, tecnologiche e relazionali ricevute nel corso del proprio percorso di formazione iniziale. Conoscono bene, insomma, la propria materia, ma temono di non saperla insegnare con efficacia e vivono con disagio il rapporto quotidiano con gli allievi (specie nelle classi dove sono presenti Bisogni Educativi Speciali), con le famiglie e con i colleghi.”
E in modo particolare più della metà di loro è in difficoltà nella gestione delle classi eterogenee, con studenti con bisogni educativi diversi, e non si sente in grado di impiegare efficacemente le nuove tecnologie nella didattica. Ma non solo, su alcuni gruppi di competenze (ICT e capacità di gestire l’eterogeneità) la loro insoddisfazione sfiora il 50%.
Questa indagine per certi versi fa giustizia del più consueto luogo comune secondo il quale i docenti non si impegnerebbero con la dovuta professionalità a scuola, mentre in gran parte molto dipende dalla “testa dell’acqua” che sembra ignorare il problema, scaricando tutto a dosso dei professori; ma evidenzia nello stesso tempo che il più delle volte il Miur manda allo sbaraglio i docenti senza nemmeno curasi della loro preparazione iniziale a livello didattico e pedagogico.
Ci vengono i mente, per esempio, i tanti docenti neolaureati (matematica, scienze, diritto) che senza alcuna lontana sapienza di psicologia e pedagogia e didattica dell’insegnamento entrano in classe, magari con alunni difficili, e fanno lezione.
Ma ci vengono pure in mente i tanti colleghi, anche non neo laureati, che poco o nulla sanno di diritto scolastico, dell’uso del registro di classe e personale e dei rapporti con l’amministrazione. Né dei diritti e dei doveri nei confronti sia degli alunni e sia della scuola.
E con saggia conclusione, la Fondazione sintetizza così il suo rapporto: “In attesa che venga superato il ritardo di attuazione della nuova formazione iniziale (varata nel 2010) e che si consolidino i tirocini formativi (TFA), oggi nella scuola c’è un grave vuoto: mancano gli strumenti sia per la formazione iniziale sia per quella in itinere.”
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