Andrea Gavosto, della Fondazione Agnelli, punta il dito contro il sistema di reclutamento dei professori, dopo avere constato pure che, con l’inizio del nuovo anno scolastico, realisticamente, molte cattedre resteranno vuote fino a novembre – come gli altri anni, più degli altri anni – e il numero di supplenti annuali supererà nettamente i 185.000 dello scorso anno. Con le 50/60.000 assunzioni aggiuntive e temporanee decretate per le criticità del Covid, la stima di 250.000 è verosimile.
Dunque un problema su un altro problema, rappresentato dalla drammatica perdita di apprendimenti iniziata da marzo fino a oggi, per cui avere tutti gli insegnanti subito al loro posto doveva essere una priorità politica.
E invece, precisa Gavosto sul Sole 24 Ore, ancora c’è incertezza perfino sugli organici dei docenti i cui “fallimentari meccanismi di reclutamento riescono da molti anni nel paradossale esito di non riuscire a coprire le cattedre di ruolo disponibili, facendo così crescere a livelli patologici il numero di precari, per poi una tantum assumerli con sanatorie che impediscono di verificarne le capacità. Sacrificando la continuità dell’insegnamento e la qualità degli apprendimenti”.
Se a poco servirà la cosiddetta “chiamata veloce”, l’obbligo di restare 5 anni nella stessa scuola potrebbe, secondo Gavosto, scoraggiare la scelta di aree percepite come pericolose per il Covid, per cui ai cronici problemi del reclutamento il virus aggiunge ora il rischio non rendere obbligatori i test sanitari per i docenti prima del rientro in aula, mentre l’età media elevata rende molti insegnanti soggetti in potenza fragili, quindi da tutelare.
Per Gavosto tuttavia, all’emergenza si sarebbe dovuto rispondere con misure straordinarie, come il congelamento della mobilità annuale per avere (quasi) tutti i docenti in cattedra il primo giorno di scuola.
“Quel che si può ancora fare oggi – per evitare nuove disastrose interruzioni secondo Gavosto – è cercare di tenere le scuole aperte tutto il giorno, per scaglionare gli ingressi, ridurre gli assembramenti, creare classi più piccole e stabili, utilizzare meglio ogni spazio. Per farlo, si dovrà chiedere agli insegnanti di stare a scuola più ore – debitamente retribuite – e assumerne in via temporanea un numero ancora maggiore. Non è l’ideale, ma l’alternativa è rompere definitivamente il rapporto di fiducia fra famiglie, insegnanti e scuola pubblica”.
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