Le piazze piene di docenti precari che chiedono tutela per il proprio percorso verso l’insegnamento da troppi anni non si contano più, ma anche tra colleghi è diventato difficile capire le vicendevoli ragioni di protesta e disillusione.
Ci sono, attualmente, una decina di tipologie diverse di precari: verrebbe da sorriderne increduli se non fosse drammatico e rappresentativo di un meccanismo che da tempo ha smesso di funzionare.
Il sistema di reclutamento è diventato ormai un colabrodo, anche grazie all’arroganza dell’impianto della “Buona Scuola” che ha fatto un’operazione socialmente e politicamente gravissima: ha derubricato il titolo di abilitazione a titolo di specializzazione.
Nel titolo di abilitazione, infatti, era ricompresa quell’autonomia di azione e di pensiero che la L. 107/15 ha svilito, destituendo la professionalità del corpo docente e riducendola a mansioni impiegatizie, al servizio di un dirigente che sceglie e dispone e di una “clientela” (studenti e famiglie) cui offrire servizi soddisfacenti.
Il percorso di abilitazione dei docenti – così come ad esempio quello di un medico che si laurea, si abilita, fa il concorso e solo successivamente si specializza, ottenendo così una qualifica aggiuntiva – prevedeva via via il formarsi di una consapevolezza della propria professionalità e l’acquisizione degli strumenti che ne consentivano la realizzazione.
Senza in classe non si entra, o perlomeno non si entra tranquilli.
Dobbiamo salvare l’abilitazione, salvarla e difenderla con le unghie e coi denti; con essa difendiamo i diritti dati ai lavoratori perché possano trasformarsi in interessi degli studenti e non di questa o quella parte politica.
La scuola deve essere autonoma, libera, indipendente, fuori dagli interessi di parte.
E deve essere laica, nel senso più ampio: togliere l’abilitazione ha infatti spalancato le porte alle scuole private, che potranno reclutare, senza più ostacoli, attingendo anche tra coloro che sono stati respinti ai concorsi statali.
Ci vorrebbe un disegno di legge che mettesse insieme tutte le forze dell’arco parlamentare come unica, possibile soluzione ad un frazionamento sempre maggiore del corpo docente (e di tutta la comunità educante) di questo Paese, ci vorrebbe che si smettesse di trattare la Scuola come un vessillo propagandistico, che si smettesse di strumentalizzare questa o quella categoria di docenti per facili promesse che nulla hanno a che fare con una visione lunga di una Scuola per tutti e tutte.
La frammentazione che vive la scuola – così come la sanità e il mondo del lavoro- è una chiara rappresentazione di una democrazia che si sfarina e si coagula intorno agli interessi di parte.
Quest’anno sono state autorizzate 57000 assunzioni, ma sono solo 37000 i docenti che hanno firmato il contratto a tempo indeterminato. Perché gli altri 20000 non sono stati nominati?
Sappiamo che le cause sono molteplici e rientrano tutte nella farraginosità del meccanismo di reclutamento, sempre più ostacolato da ricorsi e sentenze, come sappiamo che siamo giunti al paradosso per cui il Miur ha rinunciato a presentare una memoria difensiva per rivendicare la legittimità del bando nei molteplici ricorsi che lo mettono in discussione, pare per mancanza di risorse (fonti parlamentari).
Un sistema alla canna del gas, ormai, in cui il Miur non riesce nemmeno più ad opporsi ai ricorsifici.
Il Ministro Bussetti chiarisca alle migliaia di docenti abilitati come intende dar loro la possibilità di spendere il titolo che lo stesso Ministero ha individuato come strada certa per la stabilizzazione; indichi questa strada presto, perché il rispetto per la professionalità dei suoi insegnanti non resti solo una bella frase da ripetere come un disco rotto ad ogni intervista.
Eulalia Grillo – Comitato Scuola di Possibile