Molti docenti sostengono che l’introduzione del registro elettronico a scuola può avvenire solo se vengono attuati dei rigorosi sistemi anti-intrusione al sistema informatico predisposto da ogni scuola. Altrimenti, la lesione della privacy e il rischio di manomissione rimangono in agguato.
In attesa di conoscere il parere del garante della privacy su questo tema, interpellato da tempo, continuano ad arrivare notizie di cronaca che danno ragione a questa linea dubitativa.
L’ultimo fatto giunge da una scuola di Bologna, non ancora resa nota, dove, attraverso dei software installati sui computer dell’istituto, alcuni studenti sono riusciti ad ‘hackerare’ le password del registro informatico: si sono così “intrufolati” nel sistema, alzando i voti per loro e per i compagni di classe.
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“La ‘furbata’ – riporta l’Ansa – , una volta scoperta dagli insegnanti, è costata la denuncia a 13 ragazzi, tra cui uno solo è maggiorenne. Delle indagini si è occupata la Polizia postale con il coordinamento della Procura per i Minorenni dell’Emilia-Romagna”.
Insomma, ad oltre due anni dalle indicazioni inviate dall’ex Governo Monti a tutti i comparti della PA di abbandonare la carta a favore del digitale, molti problemi rimangono in piedi: nella scuola, ad esempio, vi sono ancora tanti istituti privi di banda larga, indispensabile per la gestione del registro on line, come mancano le postazioni informatiche per tutte le classi. Tutte strumentazioni che necessitano di forti investimenti. Non è un caso se sul registro elettronico sono oltre 24 mesi che dal Miur tutto tace.
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