“Con questo tipo di consultazione il rischio è che prevalgano posizioni preconcette ed estreme su un argomento complesso, delicato e controverso. E che sia oscurata la vera priorità, quella del diritto allo studio”.
“Stando a quanto emerge dagli ultimi dati occupazionali di Almalaurea – aggiunge il rettore parlando con Universita.it – il mercato sta purtroppo risolvendo da solo il dibattito: troppi laureati non si vedono riconosciuti dal mondo del lavoro. Di fronte a statistiche sconfortanti il problema va affrontato partendo dalle fondamenta, vale a dire dalla salvaguardia del diritto allo studio e non dal tetto, cioè dall’abolizione del valore legale della laurea”.
Questa scelta, aggiunge il rettore: “aumenterà lo squilibrio tra le università, tra Nord e Sud, tra chi può e chi non può. E, in un momento già drammatico, i capaci ma privi di mezzi saranno sempre più impossibilitati ad accedere agli studi superiori. In questo modo verrebbe meno il ruolo di ascensore sociale dell’università. Solo dopo aver risolto il problema del diritto allo studio, si potrà fondatamente mettere in discussione l’abolizione.”
Questo tuttavia non impedisce di valutare le università, ma con parametri oggettivi in modo da premiare veramente le più virtuose non tralasciando “una base di finanziamento comune a tutti perché anche gli atenei in difficoltà vanno aiutati, però dando loro un tempo massimo. Se entro questo termine la situazione non è migliorata e le linee direttive sono disattese vuol dire che in quell’ateneo c’è un problema di fondo e quindi bisognerebbe prendere i relativi provvedimenti.”
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