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Il ricordo dell’errore all’osso di seppia

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April 19, 2025

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Wikipedia cosi decrive la vita di Boris Kniaseff, “(San Pietroburgo, 1º luglio 1900 – Parigi, 7 ottobre 1975), è stato un ballerino e pedagogo russo naturalizzato francese. Finiti gli studi di danza nella sua città natale, con i maestri Mordkin e Goleizovskij, esordisce all’Opera di Voronež nel 1916. Con la Rivoluzione d’ottobre, nel 1917, lascia la Russia, emigra a Sofia nel 1917, e quindi a Parigi nel 1924. Entra ivi a far parte della compagnia del Colonel de Basil, e successivamente della compagnia di Bronislava Nijinska e del Ballets des Champs-Élysées. Maître de ballet per l’Opéra-Comique dal 1932 al 1934, apri una scuola di danza nel 1937 ed i suoi corsi alla Salle Pleyel furono assiduamente frequentati da Yvette Chauviré, Ludmila Tcherina, Roland Petit, Zizi Jeanmaire, Brigitte Bardot e Jean Babilée. Una descrizione del maestro, definito “professore geniale” ci giunge dalle parole di quest’ultimo. Insegnò anche in Svizzera, in Italia, in Grecia ed in Argentina. È stato sposato alla prima ballerina Olga Spessivtseva. A lui è dedicata la poesia di Eugenio Montale Ripenso il tuo sorriso, contenuta nella raccolta Ossi di seppia “.
Proprio la poesia di Eugenio Montale è stata oggetto di un imperdonabile errore di genere, infatti, gli esperti del Ministero nella prova scritta di italiano chiesero di commentare la figura della donna citata secondo loro nella poesia di Montale (Ripenso il tuo sorriso), dedicata però ad un uomo. Infatti, dal testo di supporto fornito dal Ministero agli studenti si poteva leggere: “Nella prima strofa il poeta esprime, in una serie di immagini simboliche, da una parte la sua visione della realtà e dall’altra il ruolo salvifico e consolatorio svolto dalla figura femminile”. E ancora: “Il ricordo della donna è condensato nel suo viso e nel sorriso, nel quale si manifesta ‘libera’, la sua ‘anima'”. Il Ministero si intestardisce facendo di nuovo notare che “nell’ultima strofa ricorrono espressioni relative sia alla condizione interiore del poeta, sia alla ‘pensata effigie’ della donna”.