I lettori ci scrivono

Il ruolo della scuola, chiamare gli allievi a rispondere in prima persona delle scelte

L’apprendimento scolastico tradizionale, oggi, è solo una delle tante esperienze di formazione che i ragazzi vivono e, per acquisire competenze specifiche, spesso non c’è bisogno dei contesti scolastici. Le discipline e le aree di connessione fra discipline sono accessibili ed esplorabili in mille forme attraverso risorse in continua evoluzione. La scuola, per mantenersi al centro del sistema educativo a difesa dei processi di interazione e socializzazione e di quelli cognitivo-linguistici, non può rinunciare ad avvalersi di tecnologie dalla penetrante incisività cognitiva dovuta alla forza simbolica e logica dei loro linguaggi. L’azione didattica non può più rinunciare all’utilizzo del computer, e la scuola oggi è chiamata ad assumere anche il non facile ruolo di guida dei giovani nell’aiutarli ad orientarsi nell’enorme e caotica offerta culturale che la rete mette a loro disposizione.

Ma, in una logica educativa che concepisce le finalità della scuola a partire dalla persona, con il suo percorso individuale, vanno definite strategie che vedano lo studente come soggetto protagonista del proprio processo di apprendimento e modalità di svolgimento delle lezioni che siano fatte di interazione fra docente e discente, in cui gli allievi siano costantemente chiamati a elaborare e mettere a disposizione del gruppo il frutto delle loro scoperte, collaborando al raggiungimento del fine comune.

Fin dai primi anni, la scuola dovrebbe promuovere un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio processo di apprendimento, sviluppare al meglio le inclinazioni, esprimere le curiosità, riconoscere le difficoltà, assumere sempre maggior consapevolezza di sé, avviandosi a costruire un proprio progetto di vita. Tutta la scuola ha una funzione orientativa, ma in particolare il primo ciclo, con la sua unitarietà e progressiva articolazione disciplinare, dovrebbe avere il fine di creare curiosità nell’allievo e di fargli mettere alla prova le sue inclinazioni, i suoi talenti, le sue capacità. Gli adolescenti stupiscono per la loro innata predisposizione a formulare ipotesi, a mettere in atto strategie…. queste qualità potrebbero essere le risorse della nuova pedagogia.

Ma orientare significa anche, e prima di tutto, costruire consapevolezza, che è percezione delle proprie attitudini e dei propri limiti. Capacità di giudizio critico ed autocritico, controllo dei propri stati emotivi, disponibilità a ragionare in termini di causalità interna e modificabile… assunzione di responsabilità. La Scuola non ritroverà il chiaro senso del proprio irrinunciabile ruolo nella società finché non saprà chiamare i propri allievi a rispondere in prima persona delle proprie scelte e delle proprie azioni, perché questo significa divenire protagonisti consapevoli del proprio processo di apprendimento, questo significa crescere.
Il preadolescente e l’adolescente non sono individui inetti, incapaci di comprendere e modificare il loro pensiero e i propri atteggiamenti.

Chiamare l’allievo all’assunzione di responsabilità e a rispondere delle proprie scelte è compito ineludibile della Scuola. Gli esami devono tornare ad essere momenti di verifica oggettiva del percorso di apprendimento e di crescita, e non possono limitarsi ad essere pochi, tardivi e pro-forma.
La Scuola, se vuole tornare ad essere – come deve – esperienza centrale e determinante nella vita dell’individuo, non può abdicare dal suo compito di individuare i bisogni formativi e i tempi di crescita dell’allievo e deve assumersi, consapevolmente e responsabilmente, l’onere di decisioni, a volte scomode, ma necessarie a fornire all’individuo il tempo di maturare capacità e conoscenze.

Paolo Peresutti

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