Personale

Il Santo protettore degli insegnanti, Jean-Baptiste de La Salle, il don Milani ante litteram, ha ancora qualcosa da dirci

Riemerge in questi giorni, dalle nebbie della storia francese, un personaggio ignoto ai più e vissuto tra la seconda metà del XVII secolo e l’inizio del XVIII.

A farlo riapparire in superficie è Ambroise Tournyol du Clos, docente, storico e saggista, che con un articolo sul quotidiano Le Figaro ha riportato all’attenzione del grande pubblico la figura e l’opera di Jean-Baptiste de La Salle. Chi è costui? Vi chiederete. Ebbene, si tratta di un sacerdote pedagogista, fondatore dei Fratelli delle scuole cristiane, proclamato santo il 24 maggio 1900 da papa Leone XIII. Cinquant’anni più tardi, un altro papa, Pio XII, lo dichiarerà santo patrono degli insegnanti e degli educatori.

Questa figura ha ancora qualcosa da dire – si chiede l’autore dell’articolo – nel contesto di una repubblica laica e di una società secolarizzata? La Salle può aiutarci a salvare la Scuola?

Cominciamo dall’inizio: chi è stato Jean-Baptiste de la Salle? Nato a Reims nel 1651 da una famiglia di nobili origini, si forma in seminario ed è ordinato sacerdote nel 1678. Ma invece di aspirare a una brillante carriera ecclesiastica decide di impegnare tutte le sue energie nell’istruzione dei bambini poveri e fonda, nel 1684, la sua congregazione. De La Salle è fermamente convinto che l’insegnamento sia una missione e pretende dedizione totale dai maestri che a mano a mano si affiancano a lui. La prima scelta didattica – eccezionale per quei tempi e, dunque, vivamente criticata – è quella di eliminare il latino, per non scoraggiare e respingere le famiglie più povere. Tutti gli insegnamenti si svolgeranno, quindi, nella lingua madre dei bambini, il francese.  Alla vigilia del Secolo dei Lumi, ma anche durante, circa trentamila bambini risultano scolarizzati negli oltre cento istituti che col tempo sono sorti.

Altro aspetto importante e innovativo, la preparazione dei maestri, per i quali de La Salle, nel 1685 fondò a Reims un seminario che costituisce una vera scuola normale per istitutori. Convinto com’era che la qualità della Scuola dipendesse da quella dei maestri, il sacerdote pedagogista si circondò di maestri laici motivati, con una solida preparazione intellettuale e morale, preparati a svolgere il loro compito.

Anche l’idea del gruppo-classe la si deve a de La Salle, così come la priorità data all’apprendimento della lettura e della scrittura in lingua francese. Naturalmente, la gratuità dell’insegnamento era la prima regola, ma i suoi detrattori l’accusarono di percepire compensi dalle famiglie e non mancarono controversie con le gerarchie ecclesiastiche. Un don Milani ante litteram, potremmo dire.

Ultimo aspetto della modernità di Jean-Baptiste de La Salle, la sua visione delle scuole come luogo confortevole per studenti e professori: nel capitolo 9 del libro in cui ha raccolto le sue idee pedagogiche – La Conduite des Écoles – immagina che le aule siano di almeno 40 metri quadrati, luminose, arieggiate, perché la qualità dell’insegnamento-apprendimento passa anche attraverso la cura e il confort dei luoghi in cui si insegna e si studia.

Riscoprire Jean-Baptiste de La Salle potrebbe essere un bene per chi, a livello politico centrale e locale, si occupa delle nostre scuole?

Oggi i fratelli Lasalliani delle Scuole Cristiane coprono i cinque continenti e gestiscono oltre mille scuole dove studiano più di un milione di ragazzi.

Gabriele Ferrante

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