I sostenitori dell’esame di Stato in presenza, nonostante gli evidenti rischi sanitari, stanno dando fiato tutte le risorse non indifferenti che hanno a disposizione, cercando di scavalcare o di far passare quasi inosservate anche le indiscutibili prese di posizione, improntate alla prudenza, di medici, eminenti virologi, scienziati. Eppure secondo me la maggior parte dei lavoratori della scuola e delle famiglie sono contrarie (per motivi di sicurezza ovviamente, perché tutti preferirebbero altrimenti un esame non solo in presenza ma diciamo tradizionale): lo deduco anche dai commenti che leggo sui social, visto che sugli organi di informazione in genere in questo momento non trovano grande ospitalità e quindi resta una “maggioranza silenziosa” a fronte di una “minoranza rumorosa” e ben assortita (anche se raccogliticcia perché le motivazioni sono differenti: qualcuna cercheremo di analizzarla, altre sono francamente non del tutto comprensibili).
Stucchevoli “amarcord”, esternazioni piene di retorica (anche da parte di docenti), estemporanee petizioni, giornali che fanno tendenza politica (anche facendo leva su due giovani studentesse che reclamano “la loro notte prima degli esami”, dando loro spazio come se parlassero a nome dell’intera categoria dei “maturandi”: vecchie tecniche del mestiere, cari colleghi!), interventi di ex ministri mai rimpianti e di altri politici (particolare l’insistenza di un ben noto leader un “tantino ridimensionato”, ma pur sempre pervicacemente ostinato e “battagliero”: a parte lui ogni giorno si presenta a chiedere l’esame in presenza un parlamentare del suo partito, anche se a ben pensarci non durerà a lungo visto il numero esiguo!).
Chiariamo: tutti preferiremmo esami tradizionali, ma ci sono esigenze sanitarie che bisogna rispettare e rischi che è inutile correre, anche perché è chiaro che l’esame deve essere svolto con serietà, come giustamente si richiede, ma un colloquio, dato che ormai di questo si tratta, può essere “serio” sia in presenza che a distanza (non è un compito scritto che da casa verrebbe scopiazzato da internet o magari fatto da parenti, né nel colloquio – a domanda fatta o in caso di elaborati tecnico/esecutivi da mostrare – ci saranno venti secondi di tempo per la risposta mentre scorre il cronometro, si risponde subito o se non si sa argomentare non c’è tempo per suggerimenti vari).
Ma c’è chi non si accontenta di pensare agli esami di “maturità” in presenza e insiste per far rientrare già a maggio docenti e alunni a scuola (se solo ascoltassero un pochino medici ed esperti virologi capirebbero l’assurdità di pensare ad un ritorno in classe a metà maggio): chi “tutti insieme appassionatamente”; chi iniziando da asili nido, scuole dell’infanzia e primarie (coloro, compresi alcuni genitori, che evidentemente reputano la scuola “un parcheggio”) per consentire a genitori che lavorano entrambi di far partire la “fase 2” (che peraltro andrebbe valutata a parere dei medici con molta attenzione e cautela), come se non potessero essere utilizzati all’occorrenza bonus per le baby sitter; chi invece vuole iniziare dai “maturandi”, non tanto perché spera ancora in un esame “tradizionale” con scritti e orali bensì perché ritenendo che la didattica a distanza non è valsa granché – magari ne sono stati grandi sostenitori prima – presume che in 15 giorni si ponga rimedio oppure persino soltanto per far vivere gli ultimi giorni di scuola ai ragazzi prima della “maturità”.
Nel partito di Renzi c’è la ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Bonetti, che ha detto “la prima cosa da fare è riaprire le scuole, nel modo in cui potremo farlo, il prima possibile”, come leggiamo in un articolo pubblicato su questa testata, e la capogruppo in Commissione cultura del Senato, Sbrollini, che aggiunge: “la scuola on line non è la stessa cosa delle lezioni in classe, noi riteniamo opportuno cercare di riaprire le scuole a maggio, partendo da chi deve fare la maturità” (certo, avrà avuto modo di appurare che in 15 giorni eventualmente si possono colmare le lacune di mesi: altrimenti non l’avrebbero scelta per stare in Commissione cultura). E alla fine, Renzi candidamente ha detto che uno dei suoi figli “deve fare la maturità”, aggiungendo: “forse ho una sensibilità maggiore ma la didattica a distanza non è abbastanza”.
Quest’ultimo concetto lo esprimerà anche a settembre Renzi, o con disinvolta giravolta ci dirà che la Dad va sostenuta? E tutti coloro che in questi mesi hanno sottolineato l’efficacia della didattica a distanza e ne hanno auspicato la sua “istituzionalizzazione” per il futuro, mentre ora si schierano per l’esame in presenza o addirittura per un rientro nel mese di maggio a scuola dei maturandi, saranno poi gli stessi che reclameranno di nuovo la didattica on line a settembre? E con che faccia lo faranno?! Dietro… la “maschera” di Confindustria?!
L’ex ministra dell’istruzione Valeria Fedeli si è inserita nel dibattito (e non penso parlando soltanto a titolo personale essendo un esponente qualificato del Pd, come ancor più peraltro lo è la vice ministra Ascani che è anche vicepresidente del Pd e che si è detta favorevole agli esami in presenza e non aveva del tutto escluso anche una parziale riapertura delle scuole nella cosiddetta “fase2”), affermando l’ex ministra “l’esame di maturità in presenza credo sia fondamentale e mi auguro davvero che si possa fare”. Sui social qualcuno ha “infierito” ricordando che l’esame di maturità dovrebbe sostenerlo la Fedeli (scegliendo personalmente se in presenza o a distanza) visto che non ha il diploma di maturità, ma solo la qualifica rilasciata al temine dei tre anni della vecchia scuola magistrale per poter insegnare, allora, come maestra d’asilo, e poi ha conseguito il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano.
Insomma, il quadro che se ne ricava è un “accerchiamento” della ministra Azzolina, che riceve forti pressioni da rappresentanti di quasi tutte le componenti del governo di cui fa parte (più cauta Sinistra italiana, attraverso le parole, comunque possibiliste, del sottosegretario De Cristofaro), mentre il Movimento 5 Stelle ufficialmente non si sbilancia lasciando ovviamente la parola al suo ministro Azzolina, che prima era fermamente convinta ad aspettare ed ascoltare le indicazioni dei medici e in particolare dei virologi ma che ora, messa politicamente “sotto pressione”, indica come assolutamente preferenziale la strada del colloquio in presenza agli esami di Stato conclusivi del percorso di studio di istruzione secondaria di II grado, tanto in fondo lei aveva già parlato di salvaguardare il “sapore dell’esame” e segnalato l’appello accorato di uno scrittore che appare seriamente …preoccupato perché “si tratta di un’occasione unica”.
E forse la Azzolina non si accorge che le stanno lasciando in mano il “cerino acceso” (qualsiasi decisione prenderà potrà essere criticata!). Grandi manovre per un cambio al vertice del Ministero dell’istruzione? Lo verificheremo più in là.
Forse Lucia Azzolina può ancora avere uno “schermo protettivo” su cui conta: la task force sulla scuola, alle cui proposte potrà dire di attenersi la ministra. Comitato peraltro presieduto da un docente universitario (come sempre quando ci sono Commissioni di studio e di riforma per la scuola: ma perché i “cattedratici” degli atenei, invece di essere così “premurosi” verso la scuola, non pensano a riformare alcuni aspetti dell’università che ancora in alcune realtà sono retaggio di un “baronaggio” di stampo medievale?) e con un solo insegnante presente fra i 18 componenti.
A proposito di atenei, anche il Politecnico di Torino risulta stia studiando insieme alla regione Piemonte come sia fattibile non soltanto riaprire gli asili nido già nel mese di giugno, in modo da consentire ai genitori la ripresa dell’attività lavorativa (abbiamo già detto della semplice possibilità di prolungare i “voucher” per le baby sitter), “ma anche monitorare – leggiamo in un pezzo pubblicato su questa testata – la fattibilità del ritorno pure nelle scuole, di ogni ordine e grado, così poi da ripartire a settembre già pronti”. Cioè si intenderebbe verificare (tra l’altro in una regione in cui l’emergenza sanitaria non diminuisce) se ci saranno problemi aprendo le scuole magari a maggio/giugno o luglio così che poi si è pronti per ripartire a settembre? Noooo, sicuramente ho capito male. E poi la sapete una cosa? Il politecnico di Torino sta facendo didattica a distanza: perché non sperimenta la fattibilità di lezioni ed esami in presenza nel proprio ateneo?
Perché, è bene saperlo, da mesi gli atenei italiani svolgono esami (anche di laurea) a distanza, senza che nessuno abbia avuto modo di aprire dibattiti, di sentirsi in dovere di esternare proposte, di diffondere luoghi comuni e raccontare “amarcord” pieni di retorica. Eppure quello della laurea non è un momento importante nella vita di un ragazzo, di uno studente almeno quanto quello dell’esame di maturità? Anche dal punto di vista “teatrale”, con tanto di toga indossata durante la proclamazione di laurea, sia da docenti che da studenti!
Invece per gli esami di maturità una caterva di distinguo e ormai da giorni soprattutto disapprovazione verso ipotesi analoghe a quelle delle università. Dando per giunta un pessimo segnale a tutti i cittadini, come se l’emergenza fosse passata, e sarebbe da incoscienti, dopo tanti “sacrifici”, anticipare (fosse anche solo per gli esami) il rientro a scuola di ragazzi e insegnanti – oltretutto sia gli uni che gli altri per recarsi a scuola prendono quasi sempre mezzi pubblici – che rischierebbero in prima persona ma che rientrando a casa farebbero anche correre incredibili rischi ai propri familiari, tra cui spesso persone anziane‼
Con l’aggiunta ipocrita, da parte di chi propone rientri anticipati e esami in presenza, della frase “garantendo la sicurezza”, pur sapendo che non si può garantire in questa fase. Quasi quasi accetterei la loro impellenza di rientrare in aula, esponendo a rischi pazzeschi, a condizione che alla fine di questo momento “magico” si presentassero loro ad uno ad uno per stringere la mano ai “maturati”.
Una impellenza, quella del rientro, peraltro non necessaria nella cosiddetta “fase2”, visto che come ho sottolineato in un precedente articolo le scuole non sono aziende, fabbriche, attività produttive e che quindi non c’è neppure un motivo di urgenza per cui si dovrebbe rientrare se permane un oggettivo rischio sanitario.
Chi si assume la responsabilità a qualsiasi livello se sciaguratamente succede qualche problema di carattere sanitario? Che peraltro bloccherebbe anche tutte le commissioni e i relativi esami dove ciò dovesse manifestarsi, perché occorrerebbe mettere in quarantena tutti i componenti della commissione, gli assistenti tecnici e gli altri Ata presenti, oltre agli alunni!
E questo, mettere a rischio anche la propria salute, sarebbe tra l’altro il premio per gli insegnanti che nella quasi totalità si sono dedicati con sacrifici personali e familiari alla causa della didattica a distanza? Lavorando alacremente (chiedendo soltanto che fosse rispettata la propria libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione e non “interpretabile” come ho letto in alcune dichiarazioni che ritengo allucinanti nonché presuntuose verso i padri costituenti).
Infine, alle due giovanissime studentesse che “ospitate” su la Repubblica on line hanno chiesto di poter rientrare almeno una settimana (?!) a giugno per “stare un’ultima volta con i propri compagni e professori” (magari vediamo di evitare che diventi davvero… un’ultima volta!) e “per farci ancora respirare aria scolastica” (consiglio l’anno prossimo una bella rimpatriata fra ex alunni, come quelle che va di moda in questi anni organizzare in alcune scuole) vorrei ricordare l’esempio della “nonnina” che ha festeggiato i cento anni lo scorso 28 marzo nel Covid Hospital del Policlinico “Martino” di Messina (poi dimessa perché guarita): beh, per lei non ci sarà un’altra occasione per festeggiare in presenza dei parenti un evento così importante, raro e certamente unico come il compimento di 100 anni. Eppure non si è lamentata. L’esempio valga anche per chi snocciola luoghi comuni e retorica sull’esame di maturità e magari dice che “si tratta di un’occasione unica”.
E che dire di chi considera la scuola un parcheggio? Se così è devo fare un’aggiunta ai ruoli che ho elencato in un altro articolo parlando di una “nuova immagine ‘mitologica’ dell’insegnante, che anziché offrire conoscenze educando nel contempo alla cittadinanza dovrebbe supplire altri ruoli e connotarsi in varie figure ‘diventando’ psicologo, assistente sociale, burocrate, persino talvolta ‘vigilantes’, e per qualcuno una sorta di ‘compagno di gioco’ degli alunni che gli suggeriscono cosa e come insegnare”. E aggiungevo “ho dimenticato di rispolverare il buon vecchio ‘missionario’ (magari in versione 2.0, purché gli stipendi restino poco sopra lo 0.0)”. Ecco, non avevo considerato che, in aggiunta, al docente potesse essere affidato anche un ruolo di “parcheggiatore”.
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