Il semaforo rosso post pillole del sapere per la Gabanelli al Quirinale

In particolar modo stiamo parlando dei presunti sprechi, perfettamente documentati dall’indagine-inchiesta fatta dal team della Gabanelli, per la realizzazione di diciannove video didattici, della durata di pochi minuti, ad un prezzo di 739 mila euro, noti come le pillole del sapere. Sembrerebbe, anche per la candida confessione dei alcuni responsabili del Miur, che dal ministero della pubblica istruzione, sia partita la richiesta, formalizzata da una commissione mista Miur-Ansas, di investire quasi 800mila euro per acquistare queste famose pillole del sapere.
Tra le diciannove pillole del sapere, c’era anche quella del semaforo rosso, che nostro parere rappresenta la metafora, post pillola del sapere, per cui la Gabanelli non sarà il nuovo inquilino del Quirinale. Il semaforo rosso rappresenta la figura retorica, che impedirà alla politica del dietro le quinte, anche un pochino inciuciona, di poter convergere sul nome di Milena Gabanelli, come nuovo Presidente della Repubblica.
La Gabanelli, attraverso il suo giornalismo d’inchiesta, rappresenta una figura antisistema che tanto piace alla gente comune, ma che è improponibile per il modello di politica italiana che fin troppo bene conosciamo.
Nell’inchiesta di Report sulle pillole del sapere abbiamo assistito, come spesso capita, allo scarica barile delle responsabilità. Il dott. Giovanni Biondi, capo dipartimento del Miur per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, aveva affermato che le responsabilità dell’acquisto delle “pillole del sapere erano dell’Ansas (Indire), e aveva indicato nella Consip la sola responsabile dell’individuazione dell’azienda di Ilaria Sbressa, Interattiva Media, come unica idonea ad ottenere l’appalto delle “pillole del sapere” per 739mila euro a cui si aggiungevano 5 milioni di euro tra agevolazioni e fondi misti per prodotti di formazione. 
Inoltre ricordiamo anche un botta e risposta tra Biondi e Zennaro: infatti in un’intervista alla Tecnica della Scuola, l’alto dirigente del Miur spiegava, aggiustando il tiro rispetto alle dichiarazioni precedenti, che il responsabile della scelta dell’azienda multimediale gestita da Ilaria Sbressa era stato il direttore generale dimissionario Massimo Zennaro, stretto collaboratore dell’ex ministro Gelmini.
L’Ansas aveva solo attuato le procedure per la scelta dei prodotti multimediali sulla base delle regole della Consip. Alle accuse di Biondi, Zennaro rispose, sempre attraverso la nostra rivista, inviando una lettera in cui documentava che le responsabilità dell’accaduto erano totalmente a carico del dott. Giovanni Biondi. In buona sostanza la questione pillole del sapere sollevata dall’indagine della Gabanelli, ha creato scompiglio all’interno di un sistema poco trasparente e pieno di zone grigie.
A rendere ancora più nebulosa la questione, ha contribuito anche il ministro Profumo, che aveva promesso indagini interne veloci e trasparenti e invece a distanza di 6 mesi dall’accaduto, non sappiamo più nulla dello scandalo delle pillole del sapere. Solo una cosa sembra certa, che il nome della Gabanelli è un nome scomodo e inquietante per il sistema politico italiano.
È un nome che unisce il parlamento ad accendere metaforicamente il semaforo rosso di quella famigerata pillola del sapere. A noi persone comuni e gente per bene rimane la speranza di vedere accendersi la luce verde del semaforo delle pillole della trasparenza e del bene comune.

Lucio Ficara

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