Il Senato ha approvato il disegno di legge sulle riforme costituzionali: fra i punti più importanti, il federalismo e il "premierato forte" (tra i poteri del primo ministro, che aumentano vistosamente, anche quello di nomina e revoca dei ministri e di scioglimento della Camera).
Nell’Aula di Palazzo Madama il dibattito è stato acceso e il disegno di legge è stato approvato con 156 voti favorevoli, 110 contrari e un astenuto. Le contestazioni non sono arrivate soltanto dagli esponenti dell’opposizione, che medita di indire un referendum popolare contro il provvedimento: infatti, durante gli interventi che hanno preceduto il voto, il vicepresidente del Senato, Domenico Fisichella, di Alleanza Nazionale, aveva manifestato il proprio dissenso sulla proposta di riforma della Costituzione, affermando che "rappresenta la sconfitta maggiore che potesse toccare agli ideali di autonomia locale e di riduzione dei compiti del governo centrale".
Un altro esponente di Alleanza Nazionale, Roberto Meduri ha invece criticato l’atteggiamento di chi ha minacciato l’uscita dal Governo. Chiaro il riferimento alla Lega Nord ed in particolare al ministro del Welfare Roberto Maroni che il giorno prima delle votazioni aveva asserito che se la riforma non fosse passata i rappresentanti della Lega sarebbero usciti dal Governo.
L’Aula di Palazzo Madama ha anche approvato l’articolo 33 del disegno di legge di riforma costituzionale (quello inerente la cosiddetta "devolution"), che affida alle regioni "potestà legislativa esclusiva" su sanità, organizzazione scolastica, polizia locale e ogni altra materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Nell’occasione, come annunciato, i senatori dell’opposizione hanno deciso di abbandonare l’Aula per protesta.
Il testo approvato passerà all’esame della Camera dei deputati e successivamente sarà sottoposto ad una seconda lettura di entrambi i rami del Parlamento.
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