“Il Signore delle Mosche” noto romanzo di William Golding , ha anticipato il contesto virtuale del “nativo digitale”. L’assenza degli adulti caratterizza la condizione del ragazzi. Oggi, come ieri. Le conseguenze sono preoccupanti.
“Il Signore delle Mosche” di W. Golding, scritto nel 1952, ma pubblicato due anni dopo, ha anticipato in tempi non sospetti la condizione di anarchia assoluta (absoluta = sciolto da ogni legame) del “nativo digitale”.
In breve la trama: un aereo britannico diretto in Australia, precipita nel Pacifico. Si salvano solo ragazzi e bambini. Sull’isola che li ospita devono organizzare la loro convivenza. Inizialmente lo fanno stabilendo delle regole. Poi però l’anarchia e gli istinti prendono il sopravvento.
Diversi sono gli accostamenti tra la condizione dei naufraghi e quella del “nativo digitale”. Evidenziati anche da M.R. Parsi in “Generazione H” ( Piemme, Segrate, 2017).
Innanzitutto gli adulti sono assenti, non solo fisicamente ma anche simbolicamente. La prima condizione è immediata, la seconda svanisce gradualmente per fare posto alle pulsioni e agli istinti. Lo sviluppo del romanzo certifica il pessimismo dell’autore verso la natura umana.
Ora, l’accostamento con il mondo virtuale risulta un’operazione facile. Il virtuale, che spesso diventa un allungamento in un’altra dimensione del reale, è contesto senza guida, senza padri. I rapporti sono orizzontali. Come si dice oggi peer to peer, dove l’età l’anagrafica molto giovane diventa la cifra, il paradigma dei social. Ognuno è maestro e nello stesso tempo studente, con la differenza nel primo caso che la “liquidità istintuale” espelle ogni riflessione e la visione prospettica. Nessuno può, “ipso facto” divenire padre simbolico, se non è supportato da una maturità della personalità.
Ora l’assenza di un perimetro valoriale, di regole condivise porta alla percezione del contesto virtuale “usa e getta”, dove tutto è semplificato, trasformato in un rispecchiamento del proprio io divenuto ipertrofico. Come nel romanzo, emerge un contesto dove ognuno diviene lupo all’altro (T. Hobbes), comportamento amplificato e favorito, nel Web, dalla presenza trasfigurata o dall’assenza della dimensione corporale.
Queste sintetiche riflessioni portano alla conclusione che i ragazzi non possono avviarsi al processo di iniziazione nel Web senza un adulto propositivo e competente. Occorre ridare valore alla dimensione verticale e del limite, incentrata sull’asimmetrico rapporto adulto/ragazzo. Diversamente si ha il naufragio verso un’isola (web) dove le regole stabilite dai ragazzi, ma spesso anche eterodirette dal mercato, non hanno confini!
Scriveva Aristotele ” Chi non conosce i propri limiti, tema il suo destino”. Questo è l’insegnamento dei greci, dove tutto è “perimetrato”, regolato dai giusti confini esistenziali. Regola dimenticata dall’attuale contesto che ha eretto a cifra l’illimitatezza del soddisfacimento dei bisogni e l’asfissia del “Noi” a beneficio di un io il cui piano è rivolto verso il Nulla.
di Gianfranco Scialpi
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