Caro Presidente Conte,
dopo diverse settimane dalle elezioni, finalmente è partito ufficialmente il Governo del cambiamento, espressione tangibile dell’inizio della terza Repubblica.
Un Governo eletto, fortemente voluto dagli italiani.
Dicono che il suo discorso nell’aula di Palazzo Madama sia stato il più lungo della storia repubblicana ma, tempistica a parte, ha sicuramente colpito per l’approccio popolare e per la grandezza delle idee espresse.
Una speranza per tutti noi.
Un argomento che tutti si aspettavano lei trattasse era la Scuola e le diverse criticità ad essa legate, come il precariato e la qualità dei corsi di studio in primis.
Invece, il silenzio assoluto!
I noti oppositori, i gufi per mestiere e, soprattutto, gli addetti ai lavori hanno subito giudicato questa sua scelta come una colpevole e maldestra omissione.
In sette decenni di Repubblica si è visto di tutto e giudicare “ora” un esecutivo da un discorso programmatico mi sembra prematuro oltre che inappropriato.
Un vecchio adagio recita che ‘il buon cavallo si vede a lunga corsa’!
Le parole volano via mentre i fatti e le azioni persistono nel tempo.
La gente, il popolo ed anche gli insegnanti, nel loro piccolo, vogliono fatti: il tempo delle chiacchiere è terminato.
Abbiamo assistito per anni ai proclami del premier di turno e dei suoi cortigiani, per poi pagarne a caro prezzo le scelte scellerate ed ingiuste (Legge 107, Riforma Gelmini,…).
Cosa le chiediamo?
Per il sistema-Paese, sviluppo ed equità sociale; per quanto concerne la Scuola, qualità dell’offerta formativa ed equità di trattamento fra gli addetti che vi operano.
Dopo tre anni di ingiustizie, è forse troppo chiedere giustizia per i precari della Scuola?
Non vogliamo più vedere binomi come Governo-Deportati, Governo-Sindacati, Governo-Banche…vogliamo un Governo del popolo, per il popolo.
Buon lavoro, Avvocato. Ci difenda.
Marco Saglimbene