“Non solo Dio è nei dettagli ma anche il Diavolo è nei dettagli!” questa è una frase dello storico dell’arte Aby Warbug (1866-1929), che può fare da utile sfondo o da cornice alle considerazioni che seguono relative sia all’articolo “Decreto 0-6 anni, passo importante per un sistema davvero integrato” di Anna Monia Alfieri (Tecnica della Scuola, 14/05/2018), sia alla normativa cui l’articolo si riferisce.
Appena sotto il titolo dell’articolo possiamo leggere che “il Decreto 0-6 anni (DL n. 65/13.4.2017) …. riconosce con chiarezza la pluralità dell’educazione all’interno del sistema pubblico”.
In queste frasi cerchiamo i dettagli in cui Dio e Diavolo si nascondono e si rincorrono e che sono almeno quattro.
Il primo è “passo importante” e vorrebbe – forse – sottolineare la consistenza, organicità, propedeuticità di un DL approvato in fretta e all’ultimo momento, disorganico, incompleto e lacunoso (v. nota di Flora Riccardo/AND,19 febbraio 2018).
Anche il “Piano di azione nazionale pluriennale”, previsto dall’art. 8 del DL e deliberato l’11.12.2017 dal CdM è oggetto di critiche numerose (v. documento Cgil del 30.1.2018).
Nel testo dell’articolo troviamo il secondo dettaglio, consistente nella dizione “sistema davvero integrato”. Il titolo del decreto riporta “sistema integrato di educazione e di istruzione” e chiaramente l’integrazione riguarda educazione ed istruzione, non altro. Sembra invece che l’autrice intenda – e voglia fare intendere – l’integrazione fra scuole statali/comunali pubbliche e scuole private paritarie (obiettivo questo perseguito dal gruppo di pressione pro-paritarie) di cui però non ci sono tracce esplicite nel decreto stesso.
Infatti il terzo dettaglio può essere individuato nel “riconosce con chiarezza la pluralità dell’educazione”, dove però la chiarezza non c’è e il riconoscimento è solo una presa d’atto della realtà, non una promessa di parità economica futura o programmata.
Veniamo al quarto dettaglio, che è “all’interno del sistema pubblico”.
In ambito scolastico, l’aggettivo pubblico si riferisce a “scuole statali o comunali, gratuite (cioè senza retta, tranne piccole tasse e qualche contributo volontario estorto)” ed è alternativo o contrapposto al privato delle scuole paritarie che richiedono una retta di iscrizione “ svolgendo un servizio pubblico” (vedi l. 62/2000) sì, ma non gratuito; un po’ come i taxi, i bus di città, i ristoranti, le pizzerie, i parrucchieri, ecc. e non come i pronto-soccorso, gli ospedali, i commissariati, i pompieri.
Da notare che il gruppo di pressione pro-paritarie scivola spesso e volentieri – quasi con sistematicità – nell’attribuire “pubblico” alle scuole private paritarie quasi per accreditare ad esse un potenziale e disatteso diritto a finanziamenti statali.
Consideriamo ora anche un quinto dettaglio di cui troviamo tracce sia nella l. 62/2000 sia nel più recente e richiamato DL n. 65/13.4.2017. Riportiamo tra virgolette:
“Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, comma 2 della Costituzione (*), è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.” (l. 62/2000, art. 1, c. 1) / (*) “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.” (Cost., art. 33, c. 2)
“Il Sistema integrato di educazione e di istruzione accoglie le bambine e i bambini in base all’età ed è costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie.“ (DL 65/2017, art. 2, c. 2)
Ma in cosa consiste questo quinto dettaglio? Consiste nel fatto che non risulta chiaro e dovrà essere interpretato il 2° comma, art. 2, DL 65/2017 che parla di scuole “statali e paritarie” (stop), diversamente dalla l. 62/2000 che completa ed esplicita “scuole statali e scuole paritarie private e degli enti locali”. Non si capisce se le “scuole paritarie private” risultano incluse o no nel DL 65/2017. Loro, le “scuole paritarie private”, propendono ovviamente per l’interpretazione inclusiva, come “passo importante per un sistema davvero integrato (inteso come scuole statali + paritarie private)”, con implicita e conseguente libertà di scelta e parità economica, a patire dal segmento 0-6 anni e da estendere poi anche al successivo 7-14 anni.
Sarebbe una insperata alternativa all’ipotesi costo standard, affidata al noto gruppo di lavoro, presieduto da Luigi Berlinguer, e di cui si sono perse le tracce.
Venendo ai fatti reali, è ben nota la carenza di strutture statali e comunali per l’intervallo d’età 0-6 anni, e che questa carenza viene supplita e fronteggiata, oltre che da parenti (nonni, qualche zia), da strutture private alcune gestite da suore; è noto anche che alcuni comuni stipulano convenzioni con queste strutture delle suore. Meno noto è il fatto che lo Stato dovrebbe provvedere ad istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi, ciò ai sensi della Costituzione esplicitamente richiamata dalla l. 62/2000.
Mantenendo provvisoriamente le convenzioni con le private, è questa la strada da percorrere e non quella di improbabili, sibillini, criptici e non-costituzionali sistemi “davvero integrati” fra pubblico e privato.
Vincenzo Pascuzzi