I paesi della Finnscandia, sin dagli anni ’60 del secolo scorso, sono noti per aver convogliato risorse economiche e capitale umano verso l’attuazione di una politica assistenzialista: la pubblica amministrazione si trova al sostegno del cittadino e pronta a garantire welfare di qualità elevata. Ciò, alle casse dello stato, comporta dei coati mostruosi che intaccano il PIL e la ‘crescita’ in termini di produttività ora lavorata ed imprese; il sistema, in ogni caso, lavora con il fine di garantire tutela a tutti i cittadini, specie a scuola. Fiore all’occhiello dei servizi alla comunità, specie in Svezia, è costituito dalla scuola rigorosamente ad accesso libero e pubblica: lezioni aperte, qualità in alcune discipline (base, logica, inglese e comprensione del testo) indiscussa, attività laboratoriali ed extra-curriculari varie e professionalizzanti, specie per la scuola secondaria con relativa preparazione finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro o accademico. Il ricambio generazionale spesso non in linea con le aspettative, l’aumento esponenziale e sensibile dei costi di gestione nonché la speculazione degli istituti su relativi profitti a scapito della qualità della didattica erogata han provocato, secondo il Ministero dell’Istruzione svedese, un ‘fallimento’ in termini sia economici che di fattibilità esecutiva del sistema scolastico gratuito.
L’annuncio: insoddisfazione, costi e mancato controlli gestionali
La Svezia ha dichiarato un “fallimento del sistema” nelle scuole gratuite del paese, promettendo il più grande riassetto degli ultimi 30 anni e mettendo in discussione un modello in cui le aziende a scopo di lucro gestiscono l’istruzione statale. Le friskolor svedesi, scuole private finanziate con denaro pubblico, hanno attirato consensi internazionali, anche dalla Gran Bretagna, con l’ex segretario all’istruzione Michael Gove che le ha utilizzate come modello per centinaia di nuove scuole gratuite britanniche aperte sotto il governo di David Cameron nel Regno Unito. Ma negli ultimi anni, un calo degli standard educativi svedesi, un’importante impennata di disuguaglianza e un crescente malcontento tra insegnanti e genitori hanno contribuito ad alimentare lo slancio politico per il cambiamento. Un rapporto del più grande sindacato svedese degli insegnanti, Sveriges Lärare, metteva in guardia a giugno sulle conseguenze negative di essere diventato uno dei sistemi scolastici più mercatizzati al mondo, tra cui la visione di alunni e studenti come clienti e una mancanza di risorse che porta ad una maggiore insoddisfazione sia del personale che delle famiglie.
La posizione dei sindacati e la sfida del Ministero
Il sindacato ha chiesto la graduale eliminazione delle scuole a scopo di lucro e che venissero programmati degli investimenti strutturali con i fondi ivi recuperati. “Le società per azioni non sono una forma operativa sostenibile a lungo termine per gestire le attività scolastiche”, ha affermato il portavoce del sindacato maggiore che raccoglie docenti e personale scolastico. Lotta Edholm, una liberale che è stata nominata Ministro dell’Istruzione lo scorso anno durante la formazione della coalizione di minoranza guidata dal partito moderato svedese, ha avviato un’indagine sulla questione che, ha confermato, supervisionerebbe i suoi piani di riforma. “Non sarà possibile [nel sistema riformato] ottenere profitti a scapito di una buona istruzione”, ha dichiarato in seduta stampa presso il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca a Stoccolma. Edholm ha affermato di voler “limitare severamente” la capacità delle scuole di lucrare sui profitti relativi a fondi statali e di introdurre multe per le scuole gratuite che non si adeguano. “Non può essere che lo Stato investa grandi somme di denaro affinché tu [rivolgendosi alle scuole in oggetto] possa migliorare la tua attività e allo stesso tempo una parte di quel denaro ti va come profitto. A questo porremo fine”, ha detto. I maggiori profitti sono stati realizzati dalle scuole secondarie superiori, conosciute in Svezia come gymnasieskola. “Lì è stato più facile fare profitti avendo una cattiva qualità generale della didattica offerta”, ha confermato alla stampa il Ministro.
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