Il sistema scolastico italiano non è governato

La Camera dei Deputati ha organizzato, in data 22 gennaio, il convegno “La scuola di tutti. Dopo la legge 107/2015, politiche per la giustizia in educazione”. Il presidente della fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, ha ragionato sugli esiti della sperimentazione “Valutazione per lo sviluppo della qualità delle scuole” [2011-2014] e sulla premialità.

Anche in questo caso il canto della sirena scuola è riuscito a far dimenticare la cultura di cui si è portatori: il problema scientifico del controllo è stato scalzato dalla soggettività della valutazione.

La strategia valutativa ministeriale focalizza e soppesa gli esiti della gestione scolastica: prassi che la dottrina della qualità ha abbandonato da più di cinquant’anni. L’output di sistema non è più l’oggetto del controllo: si devono osservare i fattori che ne hanno determinato le peculiarità (scostamenti esiti attesi .. risultati conseguiti).

L’approccio scientifico al problema, se rispettoso della normativa vigente, implica la modellazione del sistema scolastico e la specificazione delle responsabilità dei diversi soggetti interagenti. Le loro comunicazioni, rigorosamente documentate, forniscono un riferimento sicuro per l’espressione di un giudizio oggettivo sulla qualità delle prestazioni.

Si propone la rappresentazione grafica della struttura decisionale introdotta nel 1974 (decreti delegati), confermata nel 1994 [T.U.], nel 1999 (DPR autonomia), nel 2003 legge 53, erroneamente e banalmente snaturata nel 2015 (legge 107):

La funzione del dirigente richiede una rappresentazione tridimensionale (applicazione del principio di distinzione – Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 Dirigenza pubblica Art. 37):


 

Il compito primario della dirigenza consiste nel portare a unità l’apparato, orientandolo. A tal fine stila gli ordini del giorno degli organismi collegiali per vincolarli al mandato loro conferito.

E’ ipotizzabile che la paura di mettere le mani in un vespaio sia all’origine del mal governo che da anni vizia l’attività del Miur: intervenire sul significato di “libertà d’insegnamento” e inquadrare l’attività docente in un contesto sistemico sarebbero un salto culturale molto, molto oneroso, complicato e impopolare.

 

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