“Oggi abbiamo da fare un enorme lavoro sulle didattiche, dobbiamo domandarci che tipo di didattica vogliamo? Che materiali vogliamo siano oggi la base della nostra preparazione?”. Le domande sono state poste venerdì 26 novembre dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.
Intervenendo agli Stati generali della Scuola Digitale, il titolare del Mi ha ricordato lo stanziamento di “2,8 miliardi per la infrastrutturazione completa del Paese” e “dentro a questi 2 miliardi – ha detto – ci sono i laboratori ma 800 milioni sono specificamente per la formazione delle persone a usare quei laboratori, quelle reti”.
Va ricordato, a questo proposito, che il capitolo della formazione, iniziale e permanente, è uno dei punti su cui bisognerà lavorare, anche in sede di confronto con i sindacati, all’interno del nuovo contratto.
L’investimento
Secondo il numero uno del dicastero dell’Istruzione “occorre da una parte investire in strumenti, reti, macchine ma è chiaro che bisogna investire anche in persone, e allora non è un caso che questo preveda il nostro Pnrr, il Piano che ci permette di fare quella accelerazione di cui abbiamo assolutamente bisogno per l’uscita dalla crisi pandemica ma anche dalla lunga crisi che da tempo segnava il Paese, da quindici anni il Paese aveva tassi di crescita bassi”.
“E questo dibattito – ha continuato il ministro – fa leva proprio sulla scuola digitale per domandarsi quale scuola avere nell’epoca della digitalizzazione”.
Il cambiamento digitale va con quello climatico
Bianchi ha tenuto anche a dire che “l’età digitale coincide anche con la fase dell’altra sfida enorme del cambiamento climatico: le due cose non possono essere disgiunte perchè il primo rischio è che i Paesi si dividano fra chi è in condizione di utilizzare al meglio le tecnologie digitali in funzione della gestione anche della sostenibilità ambientale e chi non è in grado di farlo”. Se dovesse verificarsi questo fenomeno, ha sottolineato, “c’è il rischio della divaricazione sociale”.