Stanotte ho fatto un sogno: con l’arrivo della Pasqua, il Covid non c’era più. Se n’era andato. I contagi si erano dissolti. E con loro s’erano sciolti tutti i dubbi e le angosce che ci hanno accompagnato per un annus horribilis, scandito dai numeri dei contagi e da ospedali che non sapevano più dove mettere i tanti colpiti dal Coronavirus. In poche ore, con la rinascita pasquale bar e i ristoranti potevano riaprire, le persone mettersi in viaggio, andare al lavoro, anche solo per il gusto di uscire, fare sport e rincontrarsi.
Anche la scuola poteva finalmente ricominciare, tornare alla sua vera identità, fatta di alunni, docenti e personale in carne e ossa.
La scuola delle campanelle che suonano, dei corridoi infiniti, dei bidelli che ti chiedono dove vai, delle giustificazioni dimenticate a casa, delle penne e delle cartelle che si strusciano, dei diari scarabocchiati, dei fogli protocollo che non bastano mai.
Una scuola, certo, non impeccabile, quella dei prof che mancano e del supplente che non arriva, delle scritte che si accavallano sui muri, delle gomme schiacciate sotto i banchi, dei maestri che fanno l’appello, spiegano, interrogano e danno il voto guardandoti negli occhi. La scuola dei compiti da scrivere per il giorno dopo, dei prof che si lamentano per la confusione e sbattono i pugni sulla cattedra. Degli sguardi che si incrociano e si perdono tra le file dei banchi troppo fitti, dei compagni di classe che fanno ironia e dei silenzi che parlano.
Quanto ci era mancata quella scuola. Quella degli interminabili compiti in classe, delle partite in palestra in scarpe da ginnastica, della ricreazione rompi schemi.
Mai come nell’ultimo tragico anno ci eravamo resi conto che ci mancava, che nessuna DaD, sebbene regolamentata, sarebbe mai riuscita ad avvicinare il pathos e le emozioni delle lezioni in classe. Perché la scuola vera non è solo fatta di guerre puniche, equazioni di terzo grado e traduzioni.
Perchè nessuna didattica digitale integrata può ricreare l’alchimia della classe: lo straordinario rapporto tra pari, le relazioni con i prof, che anche quando sono conflittuali portano comunque ad una crescita non indifferente.
Il ritorno alla normalità proprio nel giorno di Pasqua non era un caso: la Pesach, come la chiamano gli ebrei, aveva portato l’inizio di una nuova libertà. Un inizio di una nuova vita. Una rinascita che non può fare a meno della scuola.
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