Tempo pieno, mense scolastiche, trasporti, aule capienti, centri estivi, servizi post scuola: parte da qui il divario fra Nord e Sud, confermato da una erogazione di risorse per i servizi collegati all’istruzione del 70% in meno.
In altre parole, si legge sul Messaggero, al Nord si spende pro capite per la scuola 1.071 euro ma al Sud solo 303 euro: a dirlo la Sose, la società partecipata dal ministero dell’Economia e dalla Banca d’Italia, il cui monitoraggio ha riguardato le prestazioni effettivamente erogate da tutti i governi locali e dei relativi costi sostenuti per i servizi sociali e complementari di istruzione.
Sembra tuttavia che il Governo voglia spendere una parte dei soldi del Recovery Fund per colmare questo gap, mentre per quanto riguarda il settore dell’istruzione, “a fronte di una spesa pubblica complessiva di 40,7 miliardi di euro per il 2016, l’analisi ha investito una spesa complessiva di 6,1 miliardi, di cui 4,1 miliardi connessi ai servizi complementari (quindi refezione, trasporto, assistenza disabili e gestione delle scuole) offerti dai comuni nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, 628 milioni di euro di competenza delle province e delle città metropolitane spesi per le scuole secondarie di secondo grado prevalentemente per l’assistenza agli alunni con disabilità e alla gestione degli edifici, 1,4 miliardi di euro di competenza dei governi regionali per i servizi relativi alla formazione professionale”.
Fra l’altro, si legge sempre sul Messaggero, lo Stato dovrebbe puntare soprattutto sui Lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni, dicendo, nel caso dell’istruzione, a cosa ha diritto ciascun bambino: quanti metri quadri nell’aula, la mensa, lo scuolabus, il tempo pieno. I Lep, in altre parole, servirebbero ad eliminare il gap tra Nord e Sud.
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