In Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna più della metà degli studenti sono ad un livello inferiori a quello richiesto dalle indicazioni nazionali e si registrano, cosa ancora più inquietante, differenze fortissime tra scuola e scuola.
Da quelle parti quasi il 50% degli studenti è al di sotto della sufficienza in italiano, mentre in matematica si arriva addirittura al 56%, e di fronte a questi dati non è sufficiente, né corretto, né morale prendersela con le rilevazioni Invalsi. Se è il sismografo tarato male, il segnale sbagliato del terremoto dovrebbe interessare tutte le Regioni, e invece non è così. E non da ora. Come non da ora il Sud è più arretrato del Nord in termini di economia, lavoro, occupazione, ma pure di abbandoni, dispersioni, edilizia scolastica, strutture, compreso un surplus di docenti a cui è negata la cattedra.
Non abbiamo soluzioni a portata di mano per pareggiare i conti col Nord e dunque per arrivare a un’equa spartizione di risultati, ma questi numeri dovrebbero mettere in allarme, serio, innanzitutto i governatori e le loro giunte Regionali, subito dopo il Ministero e quindi il Governo.
«È come se gli studenti di questa regione fossero un anno indietro rispetto ai loro coetanei, due rispetto ad alcune regioni del Nord come il Trentino», viene spiegato dalla vette Invalsi, senza sottolineare però che la Sicilia, come il Trentino, è a Statuto speciale e quindi con ampi margini di manovra che ne dovrebbero fare un punto di riferimento nello sviluppo del paese, e non solo “scolastico”, ma anche economico e sociale. Ma ancora una volta non è così.
La ricetta della presidente Invalsi, Anna Maria Ajello, secondo la quale bisogna comunque offrire a tutti gli alunni le pari opportunità, è quella di impegnare i prof con più esperienza nelle scuole con i risultati peggiori, incentivandone lo stipendio, contrariamente a quanto oggi avviene, considerato che negli istituti di periferia e più a rischio vengono spediti i docenti di prima nomina o addirittura sono invasi dai supplenti di insegnanti stressati, in malattia e alle prese coi trasferimenti.
In Finlandia, dove si registrano i risultati migliori d’Europa, si fa così da decenni, mentre una amministrazione seria, che da anni in Italia deve fare i conti con percentuali così preoccupanti, avrebbe dovuto provvedere ancora prima della nazione scandinava, invece di baloccarsi con leggi fantasiose e riformine al risparmio.
Si dice che lo sviluppo della Nazione dipende dallo sviluppo del Sud, ma nessuno si prende la briga di trovare risoluzioni a questa disparità di formazione e di preparazione tra i ragazzi al di qua e al di là della “linea gotica”.
Sicuramente la crisi economica, che ha invaso gli ultimi lustri, sta portando i nodi al pettine e dove la povertà è più densa lo scarso rendimento scolastico è più intenso, e non c’è bisogno di essere sociologi per affermarlo, mentre la riprova è data dall’altro dato dell’Invalsi e cioè che al Sud ci sono pure differenze tra scuole e scuole, tra quelle delle zone residenziali e quelle altre delle periferia.
Dice, fra le altre cose, uno studio (ma sono altri miriadi a dirlo) dell’Università Guglielmo Marconi: “Fondamentale, inoltre, è risultata l’analisi del rapporto tra disagio economico e rendimento scolastico in un contesto sociale specifico: i quartieri periferici. Questi ultimi sono aree particolarmente povere e caratterizzate da forte marginalizzazione sociale, in cui l’istruzione viene relegata ad un’attività superflua. È stato proposto un caso di studio: Scampia, simbolo dell’abbandono delle istituzioni e della negazione dei diritti fondamentali dei cittadini, luogo in cui la dispersione scolastica raggiunge un tasso elevatissimo. Da qui ha avuto origine, nel presente lavoro, l’interesse per la tematica”.
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