Secondo qualche esperto il testo digitale modificherebbe l’apprendimento privilegiando brevi blocchi di informazione priva di contesto, mentre si presterebbe bene all’insegnamento delle discipline tecnico-scientifiche, meno a quelle storiche e sociali.
In ogni caso, sostengono costoro, la disseminazione di link, infografiche o inserti audio e video frammenta la lettura e satura la memoria di lavoro.
Psicologi dell’età evolutiva, logopedisti, pediatri, neurobiologi avvertono sulle insidie del multitasking inesperto, praticato in età scolare e suggeriscono riflessione e sperimentazione antidogmatica.
Molto critici alcuni altri: “Questa accelerazione tecnologica fa notizia, ma non è una buona notizia. Essa infatti genererà fretta negli addetti ai lavori, che non sapranno concepire e realizzare prodotti culturali davvero innovativi, capaci di utilizzare la dimensione digitale per incrementate l’efficacia della mediazione didattica e di integrarsi nel contesto scolastico senza promettere fumose e insostenibile rotture epistemologiche e professionali”.
E ancora: “In assenza di reti wi-fi a banda larga, la digitalizzazione dei testi si trasformerà in una buffonata epocale; perché i tempi imposti non permettono di determinare standard unificati dal punto di vista informatico e soprattutto di creare testi di qualità; e perché questa operazione farà crollare l’impiego nel settore dell’editoria scolastica, il che non è una bella idea coi tempi che corrono”
Sarebbe opportuno, si sostiene ancora, che i “decisori” riconoscessero il problema della dipendenza digitale, integrando l’innovazione sul piano didattico assicurandosi che procuri vantaggio ai bambini e agli adolescenti, benché su tutte svolazzi la disuguale preparazione o disponibilità dei docenti che a guardar bene è l’aspetto più controverso dell’intera manovra.
Si sostiene inoltre che l’insegnamento digitale modificherà l’architettura scolastica, abbatterà le pareti divisorie tra le classi e condurrà alla costruzione di ampi e luminosi open space.
Certo, potrà accadere: ma solo se vi saranno fondi per il cablaggio a banda larga di tutte le regioni del paese, incluse le più disperse e periferiche (niente didattica digitale senza online); e per l’edilizia scolastica.
Si assicura ancora che il digitale sarà inclusivo, innoverà il modo di trasmettere conoscenze e porrà fine alla logora modalità top-bottom: la lezione frontale si trasformerà in un seminario tra pari.
Forse. La didattica muterà sensibilmente, talvolta persino in meglio, e i docenti, anche i più refrattari, saranno sollecitati a alimentare connessioni e curiosità.
Siamo però sicuri, dicono ancora taluni osservatori, che il processo educativo mantenga intatta la sua efficacia in assenza di una figura socratica di insegnante, entusiasmante, inquisitivo e empatico?
Non esistono semplici correlazioni causa-effetto nelle politiche educative, e i più autorevoli studi pedagogici concordano. I bravi insegnanti sono una risorsa preziosa e “devono essere considerati professionisti di valore, non ingranaggi tecnici di un’enorme macchina ministeriale”
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