Quei tagli non andavano fatti. Così si è espresso, perentoriamente, il Tar del Lazio a proposito della cancellazione delle oltre 50.000 cattedre cancellate tra l’anno scolastico passato e quello in corso: la sentenza definitiva – la numero 3251 depositata il 14 aprile dal Tar del Lazio (sezione Terza Bis) – ha quindi accolto il ricorso di diversi ricorrenti, tra cui la Flc-Cgil, il Comune di Fiesole e decine di genitori, che sostenevano il mancato rispetto, da parte dei ministeri interessati, Miur e Tesoro, delle procedure previste dalle norme in vigore.
I tagli del personale docente della scuola pubblica conterrebbero, in pratica, degli importanti vizi di procedura: i giudici di primo grado hanno puntato l’indice, in particolare, sui “decreti interministeriali numero 62 del 6 luglio 2009 e numero 55 del 6 luglio 2010”, scaturiti dall’articolo 64 della Legge 133/2008, attraverso cui il due ministeri coinvolti hanno attuato la soppressione di posti. Secondo il Tribunale regionale del Lazio, l’errore dei responsabili dei tagli, nella fattispecie il Miur, è stato quello di inviare una Circolare, la numero 38/09, “allegando un mero ‘schema’ di decreto interministeriale, non ancora formalmente in vigore”: da questo atto sono così scaturiti dei nuovi organici “senza il ‘previo parere delle Commissioni parlamentari competenti’ invece espressamente prescritto dalla norma”, indicata dall’articolo 22 della legge 448/2001. Risultato finale: il decreto che dato il là ai tagli “sarebbe da ritenersi atto privo di attuale efficacia giuridica”.
Ora c’è da attendere, non molto, la riposta dell’amministrazione. Praticamente scontato il ricorso, si tratta di capire se anche negli altri gradi di giudizio il bug procedurale potrà determinare la conferma della sentenza: in tal caso per il Governo significherebbe il naufragio del piano di ‘razionalizzazione’ del comparto scuola. Intanto, però, per rimanere con i piedi per terra, di sicuro con l’estate è in arrivo la terza e ultima ondata di tagli.