Sono passati esattamente 45 anni dal primo squillo del telefono cellulare: era il 3 aprile del 1973, si trattava di apparecchi pesanti ed enormi. Oggi sono leggerissimi e di dimensioni ridotte e riservano anche altre funzioni, a partire dalla possibilità di trasformarsi in macchine fotografiche o telecamere: sembra passato un secolo dall’uso iniziale dei dispositiv. Anche perché in questo periodo i telefoni cellulari si sono trasformati da status symbol, riservato a pochi intimi, a strumenti di comunicazione ultra-moderni, planetari e accessibili a tutti.
Ma, soprattutto, con l’avvento di Intenet hanno modificato profondamente le abitudini e lo stile di vita delle persone, spesso semplificandola ma aprendo anche la strada a una modalità “always-on”, che vede le persone sempre connesse e raggiungibili. La domanda da porsi, quindi, è: gli Smartphone, che diventano lo strumento per eccellenza per arrivare ai Social, riservano più opportunità oppure più rischi per la vita frenetica e sempre più “connessa” che ci impongono?
Secondo la dottoressa Patrizia Mattioli, psicologa e psicoterapeuta di Roma, che opera per la piattaforma MioDottore, “esistono molti elementi positivi legati all’utilizzo degli smartphone e alla presenza on line, come ad esempio la semplificazione di alcune attività, l’accesso veloce a molteplici informazioni, la possibilità di rimanere facilmente in contatto con persone lontane e conoscerne di nuove”.
“Il punto cruciale – continua – è prestare attenzione all’uso di tali strumenti per evitare che la vita on line vada a sostituirsi al piano reale, diventando l’unico modo o quello prevalente di imparare, comunicare o porsi in relazione all’altro. Un altro aspetto da considerare è il fatto che spesso dietro lo schermo ci si possa sentire più protetti e con meno freni inibitori lasciando spazio a comportamenti poco trasparenti”.
Ma quando si può dire che il rapporto diventa di dipendenza? “Quando si intravede il rischio di una centralità della tecnologia a scapito della realtà – risponde l’esperta – e quando vengono trascurate le altre aree personali e quando questo non corrisponde a un miglioramento della qualità della vita”.
In tali casi, “si può parlare di internet addiction – simile ad altre forme di dipendenza dal punto di vista psicologico – che rappresenta un tentativo di trovare una soluzione ad un problema presente sul piano reale e che spesso si nutre del senso di adeguatezza e di capacità che si genera dal gestire le proprie relazioni” a livello telematico.
Con l’avvento di massa del web, possono cadere nella “trappola” tutti i cittadini dei Paesi moderni. Tuttavia, ad esporsi sono i più giovani, perché “massicciamente presenti sui social network”.
Il paradosso è che “quasi non usano più il cellulare per chiamarsi ma comunicano per messaggi via chat, immagini e melodie”. Il problema è che “cellulari e rete avvicinano le persone ma lo fanno in modo distante”: solo che “le relazioni che si stabiliscono o si mantengono unicamente nel virtuale sono relazioni incomplete”.
La dottoressa Mattioli, quindi, “prescrive” una serie di consigli per uscire dalla dipendenza da Smartphone che attanaglia sempre più giovani. La prima operazione da fare è “scandire il tempo dedicato al virtuale con uno strumento esterno”.
Inoltre, prima di avvicinarsi allo Smartphone, sarebbe bene che il ragazzo si domandi “a quale bisogno si sta rispondendo e cosa succederebbe se non ci si potesse connettere”.
Insomma, nell’approcciarsi alle nuove tecnologie di comunicazione bisognerebbe non fermarsi all’istinto ma ragionare. Vale per gli Smartphone, ma anche per i tablet e per tutti i dispositivi mobili con cui ci si connette alla rete internet. Il motivo è chiaro: il loro utilizzo permanente ci collega con il mondo virtuale, ma allontana da quello reale.
Per la psicologa, infine, bisognerebbe costruire strumenti di barriera per arginare l’intrusività esterna, come l’arrivo continuo di e-mail o messaggi via sms o Whatsapp: “ad esempio, silenziando il telefono in certi orari della giornata”.
Ad iniziare dalle ore di scuola? Anzi, no: in aula lo Smartphone dovrebbe essere spento. Purtroppo non è così e spesso i docenti sono costretti ad imporre la loro autorità per fare rispettare questa regola base.
Sicuramente, sarebbe molto utile che le scuole organizzassero dei corsi, tenuti proprio da esperti, per sensibilizzare i loro alunni ad un utilizzo intelligente degli strumenti di connessione: per spiegare che la dipendenza da web, social e Smartphone va osteggiata e non coltivata.
E la scuola, che prima dei contenuti trasmette valori, ha il dovere di organizzarsi per trasmettere questo genere di informazioni ai suoi iscritti. Prima che diventino adulti patologici.
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