Fino qualche anno fa non sarebbe successo che ben due ministri, all’Istruzione e agli Interni, si scagliassero contro un oscuro prof, di una negletta provincia, reo di avere assegnato un tema ai suo scolari in cui si chiede un commento sul razzismo, che è poi materia affrontata anche nella Costituzione, e un confronto con un decreto del Governo.
L’uno infatti minaccia ispezioni e l’altro ne pretende le scuse, come se il collega avesse violato chissà quali diritti e chissà quali santuari.
Ma in fondo cosa ha chiesto il prof ai suoi alunni di commentare?
“Il 5 settembre del 1938 in Italia furono promulgate le leggi razziali. Oggi in Italia dopo 80 anni si registra un ritorno al razzismo, è un’opinione diffusa che proprio il recente decreto in discussione al Parlamento, che riguarda l’immigrazione, contenga delle istanze razziste. Descrivi le leggi razziali e confronta il testo con il decreto di recente ideazione ed esprimi le tue riflessioni”.
Si sta intanto dichiarando che “è opinione diffusa” il ritorno di istanze razziste: e non è forse vero? Non c’è infatti giornale o tv che non lo ripeta ogni giorno e ogni ora e dunque il docente non ha fatto altro che mettere i ragazzi di fronte alla informazione e ai media, considerato pure che fra le didattiche sono previste, sia la lettura dei giornali in classe, sia le tipologie in forma di articolo di giornale agli esami di Stato. E fra l’altro: se il ministro degli interni è convinto che il suo decreto non abbia velature razziste, perché prendersela col prof? Che suggerisce solo di “confrontare e esprimere le valutazioni”: dove sta il colpo di stato?
Dunque, a nostro giudizio, ha centrato un primo obiettivo.
Il secondo riguarda invece il confronto fra le leggi raziali del 1938 e il testo del decreto in discussione al Parlamento.
Un docente che stimola i propri alunni a tale confronto, a mettere in analisi cioè due epoche storiche, dopo la shoah, quella fascista e quella attuale con le migrazioni, le ronde anti-stranieri, gli incendi nei campi rom e tutto il resto, deve essere elogiato, anche perché sta chiedendo un parallelo e quindi uno studio e quindi delle riflessioni e quindi un esame critico fra ieri e oggi.
Questo l’aspetto squisitamente didattico, sempre a nostro parere.
C’è tuttavia un secondo aspetto invece che ci inquieta e cioè la velata minaccia al collega al quale viene in qualche modo inibita la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione.
Si dice che stia facendo politica:e non fa bene, qualora la stia facendo realmente, anche se, nel caso specifico e a nostro convinzione, non è vero?
Sta facendo infatti politica nella misura in cui avverte i ragazzi: attenti, i rigurgiti razzisti possono portare a certi regimi e dunque a certi leggi, e non solo come quelle che si sono subite nel 1938, ma anche contro la libertà di pensiero, di associazione, di idee, ecc.
Ma non solo. Si accusa la scuola di non guardare al contemporaneo e all’attuale, però quando si tocca un certo presente, scattano le minacce, le velate ritorsioni. E nel caso in esame scendono in campo due autorità, Bussetti e Salvini, contro di chi? Contro un oscuro docente di una oscura provincia, reo di avere indotto i suoi alunni a ragionare, a confrontare e a mettere in esame, a provare la grande gioia della contraddizione e delle dialettica, della sfida al controllo di chi governa che è poi il perno della democrazia.
Tranne che la democrazia non piaccia molto per ammiccare alla demagogia, dentro la quale i nemici e gli osservati speciali sono coloro che dissentono dal potere. E se è così, c’è da stare attenti e la scuola non può esimersi dal segnalarlo.
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