È il mese di giugno, il tempo di esami: da quelli conclusivi del primo ciclo d’istruzione a quelli del secondo ciclo d’istruzione, ossia i “temuti” esami di maturità. Quelli di maturità (ora Esami di Stato del secondo ciclo d’istruzione)) rimangono impressi nella mente di tutti gli studenti per l’ansia, l’attesa, la paura, il terrore della commissione esterna, ma “un tempo” essi plasmavano veramente la personalità dello studente che si preparava ad affrontare le vere sfide della vita. Ora anche la maturità è una tappa per “immaturi”, ossia di ragazzi con poca capacità di discernimento e fragili di fronte alle difficoltà che la vita presenta loro davanti. Ci sono scadenze che dettano il ritmo dell’anno: il Natale, Capodanno, la Pasqua; altre che segnano le tappe della nostra vita: il primo giorno di scuola, il primo bacio, il primo viaggio, la prima volta che abbiamo considerato l’idea della morte. Il passaggio più importante della giovinezza forse sono gli esami di maturità. Bisogna superare quel valico, andare dall’altra parte, proseguire con una nuova consapevolezza. Ma sul valico può esserci di tutto, gelo, mostri, paura, bisogna essere forti per reggere e non cadere indietro. Naturalmente i nemici sono solo creature partorite dalla mente del ragazzo: nessuno gli vuole male, in realtà soffia una brezza tiepida e i professori ormai sono dei San Bernardo pronti a soccorrere chi scivola, chi trema, chi ammutolisce. Ma per ogni ragazzo questa è la prova decisiva, quella che lo libererà dalle magliette di lana della mamma, dal cortile sotto casa, dalle abitudini strette dell’adolescenza. Grandi pensieri hanno bisogno di grandi draghi con cui misurarsi. Dunque non bisogna fallire. Anche se le energie non sono tante, ora vanno tutte raccolte, usate al meglio per raggiungere l’obiettivo. E l’obiettivo assolutamente irrinunciabile non è la vittoria esaltante, non è il bacio accademico, le congratulazioni, gli applausi, il drago trafitto e stramazzato. Certo, bisognerebbe puntare sempre al trionfo, “verso l’infinito e oltre”, ma ogni ragazzo in cuor suo sa che deve innanzitutto evitare la figuraccia. Ecco il vero mostro, quello che non se ne andrà più, che sveglierà la notte il candidato sconfitto, che farà rabbrividire anche quarant’anni dopo il giorno dell’esame. Credo di aver incamerato molta fiducia in me stesso proprio in quell’ora in cui, diciottenne traballante, parlai a ruota libera di Sofocle e dei surrealisti, di Kant e di tutto. E credo altresì che molti dei ragazzi che ho visto annaspare penosamente durante gli esami di maturità avranno assorbito inevitabilmente misere impressioni sul proprio presente, sul proprio futuro, sul proprio valore.
Mario Bocola
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