Attualità

Il termine “ricerca” scomparso nei nuovi incarichi della Commissione Europea

Mi pare che nessuno ne abbia parlato.
Parlo di una cosa delicata, culturalmente fondamentale, ma non riconosciuta.
Un punto qualificante, dunque, che dice chiaramente se la cultura della ricerca si sia oramai consegnata armi e bagagli alla tecno-scienza, dominante oggi.
In poche parole, nella dicitura degli incarichi della nuova Commissione Europea è scomparso il termine ricerca.
Prima si parlava di ricerca, di scienza e di innovazione, ruolo tenuto da Carlos Moedas.
Ora, invece, si parla di “Innovation and Youth”, con commissaria Mariya Gabriel.
Cos’è cambiato?
È cambiato che non si parla più di ricerca distinta dall’innovazione.
Innovazione vuol dire ricerca applicata.
La scomparsa del riferimento alla ricerca, cioè alla ricerca pura, dice di una scelta non detta, non discussa.
Qual è il ruolo della scuola, come della università, qual è il valore aggiunto ad esempio del modello italiano, rispetto ad altri Paesi, se non ribadire la non-riducibilità della ricerca pura alla sola ricerca applicata, cioè alle varie specializzazioni, ai frammenti?
In poche parole: l’UE come considera la ricerca non-applicata?
Considera che viene prima la ricerca fine a se stessa, non funzionale.
Vi è un qualche richiamo alla ricerca libera, alla libertà della ricerca, non immediatamente riducibile alla cosiddetta innovazione?
Questa scelta dice molto di come sia visto il mondo della ricerca oggi.
Se non è innovazione, non è ricerca.
Hanno fondato l’European Innovation Council in questa direzione (ed è un’iniziativa più che lodevole).
Che fine farà in futuro l’European Research Council?
Che fine farà la ricerca non applicata?
Le università, ma lo stesso modello scolastico italiano saranno tutti nelle mani dei grandi gruppi globali interessati solo alla ricerca applicata?
È immaginabile una ricerca applicata senza una libera ricerca pura?

Gianni Zen

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