I lettori ci scrivono

Il terreno accidentato su cui sopravvive l’Invalsi

Il controllo è essenziale per il governo di un sistema: consiste nell’osservazione, nella misurazione e nella capitalizzazione degli scostamenti tra i risultati attesi e quelli conseguiti (feed-back).

La specificazione della finalità e la successiva scomposizione in obiettivi forniscono le direttive di sviluppo delle articolazioni procedurali, condizionandone l’evoluzione.

Nel primo capitolo di Didattica e docimologia, titolato “Le funzioni del controllo scolastico nel processo educativo”, Mario Gattullo scrive: “In funzione dell’importanza degli scopi nel processo educativo, se ne  può compiere una distinzione generale, che li può classificare in finali e immediati, subordinando i secondi ai primi”.

Distinzione riproposta dalla legge 53/2003, nell’esplicitazione dell’orientamento del sistema educativo: “E’ promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”.

Ne discende: gli scopi educativi finali sono individuati nello sviluppo di capacità e competenze generali; le conoscenze e le abilità, che sono le componenti delle competenze specifiche, costituiscono gli strumenti operativi e sono subordinati ai primi. Competenze specifiche che riguardano le singole materie o singole applicazioni in circoscritti ambiti disciplinari.

Le scuole non hanno fatto tesoro dell’indirizzo e non hanno generato un vocabolario univoco e condiviso: questa l’origine della turbolenza che avviluppa l’Invalsi. Ancora più devastanti sono gli interventi del legislatore e del Miur, viziati da un’inammissibile carenza culturale.

Si forniscono alcuni esempi per giustificare l’addebito.

La legge 53/2003 identifica la finalità della scuola ne “L’innalzare i livelli di istruzione e le  competenze delle studentesse e degli studenti” e, nel comma 7, ne specifica i corrispondenti “obiettivi formativi”, elencando i descrittori dei comportamenti che gli studenti devono essere in grado di assumere al termine del ciclo scolastico.

Se ne trascrivono alcuni per dimostrare la manifesta nebulosità concettuale:  “potenziamento  delle  metodologie   laboratoriali   e   delle attività di laboratorio”; “prevenzione e contrasto della dispersione scolastica”; “valorizzazione della  scuola  intesa  come  comunità  attiva”; “apertura pomeridiana delle scuole e riduzione  del  numero  di alunni e di studenti per classe o  per  articolazioni  di  gruppi  di classi”

Il precedente titolare del Miur, Marco Bussetti, alla festa della lega di Romagna, ha espresso le linee del cambiamento in atto: attualmente ”I nostri studenti devono avere competenze, che tradotto in pratica vuol dire saper fare, e ci stiamo completamente dimenticando delle attitudini”.

Un’asserzione da cui traspare un’inammissibile carenza terminologica.

La competenza è un’entità composta di attitudini e conoscenza.

I regolamenti di riordino del 2010, che forniscono repertori di competenze generali, sono stati cestinati. Nelle scuole le conoscenze e le abilità la fanno da padrone: il principio della subordinazione dei fini immediati rispetto a quelli finali è stato trasgredito.

Il quotidiano ItaliaOggi, il 12/12/17 scrive: “I Prof. ammettono: siamo impreparati a certificare le competenze” e il Comitato scientifico nazionale chiede la “Progettazione di una o più azioni strategiche nazionali di formazione sui temi della didattica per competenze e innovazione metodologica e della valutazione degli allievi”.

Evidente appare l’indeterminatezza del traguardo formativo: l’impreparazione alla certificazione implica il mancato perseguimento della finalità istituzionale.

Si trascrivono alcuni titoli degli scritti che gli insegnanti mettono in rete: Meno competenze, più conoscenze!; Scuola, l’America fa dietrofront: più conoscenze, meno competenze; Ok alle competenze ma prima vengono le conoscenze; La scuola si avvia alla banalizzazione delle conoscenze

L’invalsi, in un simile contesto, appare come un corpo estraneo, elemento di disturbo per l’ordinaria quotidianità scolastica.

Quale scenario apparirebbe se la corretta amministrazione irrompesse nella scuola? Come sarebbero sfruttate le potenzialità del feed-back?

Il Piano Triennale dell’Offerta Formativa è la leva, le competenze generali e le capacità il suo punto d’appoggio.

Eccone un sottoinsieme:

Competenze generali (CFR. Regolamenti di riordino 2010).

Saper sostenere una propria tesi  e saper ascoltare e  valutare criticamente le argomentazioni altrui; acquisire l’abitudine a ragionare con rigore logico, ad identificare i problemi e a individuare possibili soluzioni; essere in grado di leggere e interpretare criticamente i contenuti delle diverse forme di comunicazione; essere in grado di utilizzare criticamente strumenti informatici e telematici nelle attività di studio e di approfondimento; comprendere la valenza metodologica dell’informatica nella formalizzazione e modellizzazione dei processi complessi e nell’individuazione di procedimenti risolutivi; riconoscere e applicare i principi dell’organizzazione, della gestione e del controllo …

Capacità (sottese alle competenze generali): analizzare, applicare,  argomentare/giustificare, comunicare, comprendere, decidere/scegliere, generalizzare,  interpretare, memorizzare, modellare, progettare, relativizzare, riconoscere,   ristrutturare, sintetizzare, sistematizzare, trasferire, valutare…

Esaurito il momento definitorio si decidono le fasi e i tempi del controllo, cioè della rilevazione degli scostamenti obiettivi-risultati, differenziandoli temporalmente:

  1. la valutazione della fattibilità e della coerenza regolamentare (controllo antecedente);
  2. l’osservazione dell’evolversi dei processi-monitoraggio (controllo concomitante);
  3. la verifica dei risultati, determinazione dell’efficacia dell’attività svolta (controllo susseguente)
  4. l’esame della coerenza e della persistenza nel tempo della validità degli obiettivi e della struttura, riscontro al disegno complessivo dell’intervento (controllo dell’evoluzione).

Riformulando: per  governare il sistema educativo è necessario agire nella fase di ideazione e di specificazione dei risultati attesi (organi ministeriali periferici), in quelle dello svolgimento e dell’applicazione delle strategie gestionali (CFR tu 297/94 art. 7 lettera d), della misurazione e della valutazione degli scostamenti dei risultati conseguiti con gli obiettivi programmati (Invalsi) e, infine, collocando l’assetto generale nel lungo periodo per valutarne dinamica e adeguatezza (Consiglio di Circolo/Istituto).

Enrico Maranzana

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