I lettori ci scrivono

Il terzo tempo del COVID-19, tempo di incontro

Il tempo del COVID-19, tempo di isolamento, ricco di emozioni e comuni sospensioni, potrebbe essere anche tempo di opportunità? Kronos o Kairòs? Potremmo provare ad aprire prospettive nuove, con nuovi nomi, all’isolamento che si rivelerebbe in nuova intimità, alla didattica che si realizzerebbe con creativa educazione, alla distanza che si manifesterebbe per diversa prossimità, al lavoro, che si riscoprirebbe responsabile cooperazione?

Più o meno consapevoli, le famiglie si sono trovate a condividere il tempo, gli spazi, e le scansioni delle diverse attività di lavoro e studio, in giornate dilatate ed al contempo compresse, regolate spesso dagli accessi in rete.

L’ambiente, il rispetto del tempo per lo svolgimento di un lavoro, la relazione e l’esperienza sensibile, per noi al Centro Internazionale “M. Montessori” di Perugia, sono determinanti nell’ambito dell’offerta formativa e della proposta educativa. Quali significati hanno assunto queste dimensioni in questo tempo? Il provvedimento del 5 marzo che andava a modificare il decreto-legge del 23 febbraio 2020, entrava in vigore il 10 marzo. Giovedì le lezioni in aula erano sospese e lunedì 9 marzo siamo riusciti a partire, non senza difficoltà, con le prime lezioni on-line.

Il genitore di un allievo che si è inserito nel nostro percorso quest’anno, ci scrive: «abbiamo immediatamente percepito la profonda differenza con le scuole statali ed il vostro istituto, dove si respira solidarietà, comprensione, atteggiamento costruttivo ed umanità: caratteristiche che, unite alla profonda competenza del corpo docente, diventano cemento solidissimo per la costruzione degli uomini di domani». Descrivendo un momento di crisi (ed il termine nel suo significato di “separazione” oggi pare particolarmente attinente), Tomasi di Lampedusa affida a Tancredi, nipote di Fabrizio Salina, la lapidaria frase: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Possiamo dire di aver interpretato l’affermazione, nel nostro caso, cercando di mantenere – in un contesto di cambiamento imposto – di non perdere l’identità acquisita nel tempo e che ora deve compiersi in ambienti parcellizzati e diversamente interconnessi. Alla richiesta esteriore con la quale la realtà ci interpella, fatta una scelta interiore, personale e comunitaria, abbiamo cercato di formulare una risposta che viene valutata e riorientata costantemente. Ci incoraggiano i messaggi, più frequenti del solito, da parte delle famiglie che riconoscono: «per quanto questa situazione possa mettere a dura prova la nostra resistenza nervosa e il nostro stato d’animo sono lieta che il vostro sforzo riesca a tenere i ragazzi il più possibile su di morale. È importante in questo momento non sentirci soli ed accorciare virtualmente tutte le distanze».

Quale significato dunque hanno acquisito i quattro termini che spesso caratterizzano il nostro lessico familiare: isolamento, didattica, distanza, lavoro?

L’esperienza che ci accomuna a molte altre scuole, ci porta nelle case degli allievi che vengono accolti nelle nostre, aprendoci così ad una reciprocità domestica che la scuola solitamente non concede. Intravvediamo un quadro, un soprammobile, una parete colorata, un pianoforte. Passa un figlio, un fratello minore, un genitore si siede accanto ed assiste alla lezione. In questo tempo di isolamento, paradossalmente siamo più vicini e ci vengono concessi ambiti di intimità che forse in nessun altro modo avremmo potuto condividere.

Il contesto ambientale, sta segnando fortemente la didattica, l’atto di istruire, il metodo di insegnamento. L’interlocutore isolato, va diversamente coinvolto rispetto le normali azioni d’aula e l’atto di trar fuori da esso, deve coniugarsi col condurre – accompagnare – fuori da sé, per aprirlo ad – e ritrovarci in – una relazione efficace. Non è più fuori luogo invitare l’allievo a condurre una vita regolata, un atteggiamento consono, la puntualità, ma necessario, in questo tempo, in cui troppo alto è il rischio di scivolare in una deriva di lassismo fisico e morale che necessariamente andrà ad interferire con l’apprendimento. Una prospettiva che non è scontato venga colta nel suo valore dagli studenti, come espresso in questo messaggio domenicale ad un docente: «Prof, la ringrazio infinitamente per essere riuscito a smuovermi dalla mia accidia e minimalismo […]. Credo di aver bisogno di un professore che mi stimoli e al di là della simpatia che mi suscita la considero un professore veramente valido e stimolante. Scusi il disturbo ma ho pensato di scriverle se non altro per passare il tempo (un po’ come a scuola durante la ricreazione)». Sembra che questa dimensione sia largamente compresa e forse può trovare conferma nei «più sentiti ringraziamenti per l’impegno dimostrato in questi giorni nei confronti dei nostri ragazzi. Un grazie speciale ai nostri meravigliosi Professori che impegnano costantemente i ragazzi con lo studio dando quell’impressione di normalità di cui hanno tanto bisogno». È necessaria una creativa educazione che diventi ambito di realizzazione della didattica, sintesi tra insegnamento e metodo, in un contesto di rinnovata prossimità.

Rinnovata, o diversa, la prossimità che stiamo vivendo? Forse l’una e l’altra. Non sono rari i casi in cui gli allievi tra loro e con i docenti, hanno rapporti più distesi e produttivi. Gli adulti scoprono potenzialità e rivelano capacità con grande generosità. La prossimità rimane tuttavia, nel suo essere rinnovata, oggettivamente diversa ed in attesa di un incontro reale, come un allievo, a conclusione di uno scambio di chat, scrive: «[…] siamo tutti sulla stessa barca e spero che questa situazione cambi il prima possibile».

I soggetti, i docenti quanto i discenti, isolati, possono cedere ad un personalismo autocentrato. Si trovano altresì a ripensare l’esercizio della propria libertà, nella possibilità di una scelta che manifesta il senso di responsabilità, se coscienti d’essere inseriti in una dinamica di relazioni interdipendenti. Per quanto concerne gli insegnanti, si manifesta essenziale, per esempio, condividere modalità e strumenti comunicativi. Venendo a mancare la struttura fisica, l’edificio, che rappresenta e contiene l’unità delle attività scolastiche, diventa necessario raccogliere la libertà creativa della didattica in un unico ambiente virtuale cui possano riferirsi gli allievi nell’ambito dell’insegnamento a distanza. L’aula virtuale non potrà mai sostituire l’incontro personale fisico, ma può essere quella misura che compensa la mancanza di un ambiente di riferimento. Gli allievi, anche in questo ambiente virtuale, possono essere accompagnati nell’esercizio responsabile di condurre un lavoro che, più che in altre condizioni, possono e devono scegliere.

Isolamento, didattica, distanza e lavoro, sembrano poter essere dunque reinterpretati, in questo tempo di Coronavirus, come intimità, educazione, prossimità, cooperazione. Ritengo tuttavia necessario considerare l’ambiente più generale in cui è contenuto l’ambiente virtuale che è il mondo della scuola oggi. Il tempo del COVID-19.

Se considerassimo il tempo, questo tempo, come ambiente trasformante la realtà, forse dovremmo superare tanto il termine di kronos quanto di kairòs cui mi sono riferito all’inizio, per andare ad attingere alla caratteristica essenziale dell’aion, di essere un eterno presente, individuando in questo termine l’accezione di questo presente che passa, è gravido di opportunità, profondamente eterno. Questo ambiente presente dunque, anche di didattica a distanza, può essere letto come il tempo in cui non s’improvvisa ciò che si è stati e vissuto, e ripensando al rugby, un “terzo tempo” in cui poniamo le basi, non solo per un prossimo ed auspicato ritorno, quanto per il nuovo inizio di un tempo in cui diamo prova di ciò che siamo, in cui realizziamo ciò che siamo.

Giuliano Ruzzier

Centro Internazionale “M.Montessori” Perugia

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