Questa settimana intensa di avvio dell’anno scolastico ha fatto brillare una mina, quella del diritto alla scelta per il pasto domestico, che con la sua forza esplosiva ha mietuto vittime.
Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 21 giugno 2016,si sono appena concluse altre udienze, per la discussione di una parte dei ricorsi cautelari presentati dai genitori che chiedono vedersi riconosciuto il diritto di scelta tra pasto domestico e refezione scolastica e dei reclami avverso le prime due ordinanze del 13 agosto 2016. Si attende quindi l’ennesimo verdetto di una contesa legale che non avrebbe avuto neanche ragione d’essere e che si sarebbe potuta evitare.
In questo epitaffio si celebrano pertanto, elencati in ordine sparso ed in maniera non esaustiva, alcuni dei protagonisti di questa battaglia per la difesa del diritto di scelta da un lato e della funzione educativa (non) della mensa (ma bensì oggettivamente del “servizio” mensa) dall’altro: parole, espressioni, principi ricorrenti e talvolta abusati.
Panino
Il primo immolato sull’altare della libertà di scelta. Sostantivo reiteratamente utilizzato in luogo del “pasto da casa”, forse per riduzione giornalistica o forse perché più facilmente percepibile come alimento non equilibrato in contrapposizione con quello offerto dal servizio mensa, così da favorire l’empatia verso quest’ultimo.
Mensa
Da distinguere appunto la mensa, come momento educativo da condividere, dal servizio di refezione.
Sotto il profilo educativo le norme prendono in considerazione la prima, rientrante nel tempo scuola secondo le modalità organizzative deliberate dalla scuola e pubblicate nel POF in base al quale le famiglie effettuano le proprie scelte al momento dell’iscrizione.
Non sembra che le indicazioni nazionali contemplino, per la realizzazione di questo momento di formativa socializzazione, il necessario uso di un servizio a pagamento.
L’organico è assegnato per l’assistenza alla mensa (perilDlgs 59/2004 l’organico deve essere determinato anche per garantire “l’assistenza educativa da parte del personale docente nel tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa” e laCircolare Ministeriale del 5 marzo 2004ribadisce che “I servizi di mensa, necessari per garantire lo svolgimento delle attività educative e didattiche … vengono erogati utilizzando l’assistenza educativa del personale docente, che si intende riferita anche al tempo riservato al dopo mensa”) senza alcuna distinzione tra chi utilizza la ristorazione e chi no. Questo infatti, come ben chiarisce la sentenza della Corte d’Appello, è “servizio locale a domanda individuale che l’ente non ha l’obbligo di istituire ed organizzare ed è facoltativo per l’utente che può, quindi, scegliere di non avvalersene”.
Spontaneo chiedersi dunque dinanzi a tale lapalissiana evidenza perché ancora si discuta sul punto.
Uguaglianza
Il valore educativo della mensa non è nel mangiare “uguale” ma nel mangiare “insieme”.
Peraltro, giusto per mero tuziorismo, anche il servizio mensa offre una selezione di menù: ordinario; senza carne; senza carne e pesce; per celiachia; senza proteine animali; alternativi e speciali su richiesta.
Le preferenze alimentari differenziano giacché “non si può fare eguali tra disuguali”. Il vero principio di eguaglianza sta nel non discriminare le differenze e nel rispettare le scelte senza reprimerle.
Viola invece tale principio costituzionale estromettere dai refettori gli alunni i cui genitori scelgono di non utilizzare il servizio di ristorazione, isolarli in locali diversi o persino costringerli ad allontanarsi dalla scuola per il pasto. Nessuna autonomia organizzativa può giustificare tale scelta.
Diritto
Quello “di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell’ambito delle singole scuole e nell’orario destinato alla refezione”, accertato dalla sentenza della Corte d’Appello e confermato dalle ordinanze del 13 agosto 2016, nei fatti ad ora “congelato” in attesa di censimenti e superiori disposizioni organizzative.
Contaminazione
Eccezione reiteratamente sollevata per sostenere la non idoneità del pasto domestico che evoca cupe immagini manzoniane.
I piccoli alunni sono quasi assimilati ad “untori” o peggio esecutori materiali di genitori-killer che con i loro cibi insalubri per cattiva conservazione, incuria, uso di prodotti scadenti e strumenti inadeguati provocano alterazione microbiologica o chimica degli alimentari forniti dal servizio!!!
Ci si può domandare perché uno scambio di alimenti o qualsiasi altra forma di contaminazione sia esclusa in caso di utilizzo della ristorazione unica, anche considerati gli svariati menù alternativi previsti, ovvero come mai in caso di sciopero o altro impedimento delle ditte, come talvolta accaduto, sia tranquillamente consentito portare da casa gli alimenti. Peraltro a questo punto non dovrebbe sottacersi della “merenda”, ad oggi ancora possibile …
Vigilanza
La risposta è già data. Essa è assicurata, come da norma, dal personale docente e ATA assegnato per la mensa come tempo scuola e senza alcuna relazione con il servizio di refezione.
Equilibrio alimentare
La questione “panino” ha rivelato ahimè che a quanto pare prevalentemente i genitori (specie quelli che sostengono il diritto di scelta) sono considerati dei pessimi educatori da un punto di vista alimentare, il cibo domestico è quindi poco equilibrato e per l’effetto gli alunni presentano disturbi connessi all’alimentazione … che dire?! Da genitore ammetto (e ne faccio ammenda) ad esempio di non riconoscere un elevato apporto nutritivo alla pasta in bianco, che di solito somministro solo in caso di disturbi della digestione ma alterno zucca, zucchini, fagioli, fagiolini, spinaci, piselli, lenticchie, patate ecc. ecc.
Mettiamola così: lasciamo che i genitori si occupino dei propri figli e rispettiamone le scelte (peraltro come previsto dalla Costituzione all’articolo 30).
Scaldavivande e frigoriferi
Da quando è stato “riesumato” un parere dell’ASL della regione Piemonte del 2001 che ne consiglia l’uso, la mancanza di tali strumenti è reiterata argomentazione ostativa. In realtà questo da un lato è un non-problema dal momento che possono essere utilizzati dalle famiglie ottimi ed efficaci contenitori termici, che non rendono necessario l’acquisto di tali materiali da parte delle scuole, dall’altro potrebbe invece costituire un problema perché incrementerebbe il rischio dello scambio di cibi tra gli alunni.
Autonomia
In questa vicenda le scuole sembrano inibite dall’assumere decisioni del tutto autonome.
Se per l’art. 25 del Dlgs 165/01 “il dirigente è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali” con “autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane”, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, le disposizioni appaiono provenire tassativamente dall’Ufficio e dall’Ente locale, tanto che l’Asapi, in un suo documento, ha esplicitato che “in questa fase, le misure organizzative non sono di competenza del Dirigente Scolastico. Attendiamo dunque le decisioni dell’Amministrazione”.
Vero che la L 23/96 (art. 3) ha individuato le competenze degli enti locali in materia di edilizia, riducendo quelle del consiglio di istituto previste dall’art. 94 del Dlgs 297/94 e l’art. 139 del Dlgs 112/98 attribuisce la competenza ai Comuni riguardo ai piani di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature delle scuole di grado inferiore che però deve avvenire “d’intesa con le istituzioni scolastiche”, ma desta comunque perplessità la circostanza che si possa disporre l’esclusione di studenti da locali scolastici.
Genitori e loro rappresentanza
Sostanzialmente inascoltati, anche in mancanza di luoghi istituzionali di interlocuzione.
Cancellati di fatto gli organi collegiali territoriali preposti all’ascolto ed al confronto, restano i Forum delle associazioni maggiormente rappresentative, le designazioni dei cui rappresentanti, per la Nota 27 aprile 2016, AOODGSlP 3554, “non sono soggette ad alcun vincolo e/o criterio di esclusione legato all’avere figli frequentanti ed inseriti nel sistema scolastico” e per l’effetto può parteciparvi anche chi non ha figli a scuola.
Scuola e famiglia
Non può che considerarsi tradito il patto di corresponsabilità educativa se non resta altra via che far gestire i rapporti scuola-famiglia ai tribunali.
Ricorso per Cassazione
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torinodel 21 giugno 2016. Ulteriore conferma della crisi.
Diventa difficile comprendere, alla luce delle predette considerazioni, quale valore si stia realmente difendendo. Le ricadute non sarebbero in ogni caso positive.
Alunni
Citati da ultimo volutamente, perché avrebbero dovuto essere al centro di tutte le considerazioni della vicenda. Invece coloro i cui genitori hanno scelto o sceglieranno di optare per il pasto da casa rischiano di essere rifiutati durante il tempo mensa, costretti a lasciare la scuola, esiliati dai locali comuni, addirittura percepiti come possibili contaminatori di cibi.
Di certo non vi è nulla di educativo in tutto questo.
Il “panino kamikaze” è la vera minaccia di un sistema che è messo in crisi dalla non accettazione di un grande principio di democrazia che è la libera scelta per un servizio non obbligatorio.
Cosa accadrà domani non è dato saperlo, ma qualunque rifiuto di questo diritto non sarà una vittoria per nessuno.
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