Personale

Il trattamento di fine rapporto: che cos’è e cosa potrà cambiare

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per dipendenti pubblici è una somma di denaro corrisposta al lavoratore nel momento in cui termina il rapporto di lavoro.

Così come segnala l’Inps, l’mporto è determinato dall’accantonamento, per ogni anno di servizio o frazione di anno, di una quota pari al 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni. In caso di frazione di anno, la quota è ridotta in maniera proporzionale e si calcola come mese intero la frazione di mese uguale o superiore 15 giorni.

Dal 1° maggio 2014 la retribuzione annua lorda considerata come base del calcolo non può eccedere la soglia di 240mila euro.

Se il rapporto di lavoro a tempo determinato decorre da una data precedente al 2 giugno 1999 fino al 30 maggio 2000 (data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999), si attua in ogni caso l’iscrizione a un Trattamento di Fine Servizio (TFS), che comprende l’indennità di buonuscita e il premio di servizio, poiché pari o superiore all’anno continuativo.

Trattamento di fine rapporto, come funziona

Ai dipendenti che hanno terminano il servizio e hanno maturato i requisiti pensionistici a partire dal 1° gennaio 2014, il pagamento del  TFR è corrisposto come segue (articolo 1, comma 484, legge 27 dicembre 2013, n. 147):

  • in unica soluzione, se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50.000 euro;
  • in due rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro (la prima rata è pari a 50.000 euro e la seconda è pari all’importo residuo);
  • in tre rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 100.000 euro. In questo caso la prima e la seconda rata sono pari a 50.000 euro e la terza è pari alla importo residuo. La seconda e la terza somma saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla decorrenza del diritto al pagamento della prima.

Il diritto al TFR si prescrive sia per gli iscritti sia per i loro superstiti dopo cinque anni dal momento in cui è sorto. Si può interrompere la prescrizione con idoneo atto interruttivo.

Il TFR è corrisposto d’ufficio, pertanto il lavoratore non deve fare alcuna domanda per ottenere la prestazione.

La somma spettante può essere percepita tramite accredito sul conto corrente bancario/postale o altra modalità di pagamento elettronico.

Trattamento di fine rapporto, come funziona a livello fiscale

Il TFR è una valutazione individuale ed è opportuno contemperare l’esigenza di avere uno stipendio più alto con i possibili effetti fiscali:

  • il TFR in busta paga è tassato secondo l’ordinaria tassazione Irpef, quindi con un prelievo più pesante di quello previsto per il TFR ordinario (su cui si applica la media delle aliquote degli ultimi anni di lavoro)
  • il maggior stipendio potrebbe incidere ad es. sulle agevolazioni legate all’Isee, alle detrazioni ecc.: in sostanza, l’incremento fiscale è tanto maggiore quanto più alto è il reddito del lavoratore percipiente.

Trattamento di fine rapporto, cosa può cambiare

Il decreto legge 4/2019, convertito in L. n. 26 del 28 marzo 2019, contiene una misura molto attesa dai dipendenti pubblici: l’anticipo del TFR/TFS.

Infatti, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, gli statali devono attendere diversi mesi (da un minimo di 105 giorni a un massimo di 24 mesi) prima di ricevere la buonuscita.

Sarà consentito a chi usufruisce di quota 100 o accede ai pensionamenti di vecchiaia o anticipati, una volta ottenuta la certificazione dall’ente erogatore, di avvalersi dell’anticipazione del TFR o TFS.

L’importo finanziabile è pari a 45.000 euro ovvero all’importo spettante nel caso in cui l’indennità di fine servizio sia di importo inferiore.

Perché la misura sia però attiva, sono ancora necessari alcuni passaggi.

A inizio luglio il Ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, ha annunciato di aver varato il decreto che regolerà l’erogazione anticipata della buonuscita dei dipendenti pubblici sotto forma di prestito da parte delle banche.

Lo schema è stato inviato al Garante per la protezione dei dati personali privacy e al Garante su mercato e concorrenza, che devono dare il via libera. È anche atteso il parere del Consiglio di Stato.

Dopodiché, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto, ABI (Associazione bancaria italiana) e Ministero del Lavoro e delle politiche sociali potranno stipulare l’accordo previsto dal D.L. 4/2019 e sarà noto l’elenco delle banche convenzionate.

Sui tempi, come già scritto, non si sa ancora nulla di preciso.

Andrea Carlino

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