Il turismo cerca addetti e sembra proprio che nei prossimi quattro anni ci sarà bisogno di circa 250mila nuovi lavoratori del settore, ma, solita contraddizione italiana, le iscrizioni agli istituti alberghieri sono in calo, compresi quelle negli istituti a indirizzo turistico e commerciale.
Eppure, fa notare Il Sole 24 Ore, già si sa che una fetta delle assunzioni programmate da qui al 2023 sarà a “forte rischio” visto che il 26,2% delle imprese del settore lamenta «l’inadeguata qualificazione delle risorse umane». A essere di “difficile reperimento” sono diverse figure professionali chiave per il comparto, come cuochi, addetti di sala o ai piani, camerieri, account executive, per i quali si tampona in parte con personale extraUe.
Oggi, in Italia, il turismo dà un impiego, indotto compreso, al 14,7% della forza lavoro (si salirà al 16,5% nel 2028); un dato più elevato di Francia e Spagna, ma inferiore a Grecia, dove il turismo “attrae” il 24,8% dell’occupazione, Croazia (23,5%) e Portogallo (20,4 per cento).
Dunque, occorre qualificare al massimo l’offerta formativa, in primis sul fronte scuola e università, con comitati di indirizzo obbligatori e spendibilità delle lauree in turismo nei bandi pubblici regionali e nazionali, e occorre pure incrementare gli Its, come invita a fare Federturismo Confindustria.
La via di uscita sarebbe allora quella di «investire nella formazione tecnico-pratica. Vanno rafforzate le competenze linguistiche e professionali; e occorre sconfiggere la burocrazia».
Fra l’altro, ed è importante sottolinearlo, 25 aziende turistiche, da Alpitour a NH Hotels, da Starhotels a The Dorchester London, hanno svolto 1.200 colloqui di selezione per una cinquantina di figure professionali da inserire in tutt’Italia e in hotel inglesi.
Tuttavia, e anche questo aspetto è strano, il canale principale di reclutamento è il ”passa-parola” attraverso il classico cartello “cercasi addetto”. A transitare per i centri per l’impiego è appena l’8,7% del recruiting.
Ciò di cui l’industria del turismo ha bisogno è personale con conoscenza di una seconda lingua straniera, l’informatica e l’esperienza all’estero: «I nostri istituti tecnici e professionali potrebbero essere più attrattivi e contribuire maggiormente a colmare il mismatch tra domanda e offerta in una filiera strategica per il paese quale quella turistica in continua crescita ed in netta evoluzione – ha spiegato la dirigente scolastica del Miur, Roberta Fantinato -. In primo luogo, andrebbero aiutate le famiglie a superare i pregiudizi che ancora gravano sull’istruzione tecnica e professionale, considerate inferiori rispetto a quella liceale: questo permetterebbe di accogliere studenti più motivati e desiderosi di mettersi in gioco. Inoltre, in queste tipo di scuole risulta fondamentale la retroazione delle attività di alternanza sulla didattica, che deve farsi sempre più innovativa per fornire ai ragazzi conoscenze e competenze adeguate al mondo del lavoro».
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