Ci mancano ancora i dati di alcuni settori del Lavoro privato sullo sciopero generale di venerdi scorso, convocato da Cgil e Uil, da una parte, e dall’altra dal sindacalismo conflittuale, cioè dalla Confederazione COBAS, della CUB, CLAP, AdL Cobas, Sgb, Sial Cobas. Ma un raffronto in tutto il settore pubblico e nei principali settori privati con i dati dello sciopero generale che lo scorso anno Cgil e Uil convocarono a novembre 2023, da soli e senza la partecipazione dei sindacati di base, mette in significativa evidenza il valore aggiunto che la nostra partecipazione globale, come strutture conflittuali sindacali e sociali, ha comportato sul piano dei numeri degli scioperanti, oltre che dal punto di vista della qualità e varietà della protesta portata nelle piazza italiane.
Oltre a questo notevole contributo in termini di scioperanti, come COBAS, sindacati di base e movimenti sociali, abbiamo manifestato nei capoluoghi di provincia e regionali di Roma, Trieste, Padova, Torino, Savona, Genova, Milano, Bologna, Pisa, Firenze, Roma, Pescara, Napoli, Cosenza, Brindisi, Palermo (più altre 8 città), con iniziative provinciali o regionali che hanno portato in piazza complessivamente decine di migliaia di lavoratori/trici, studenti, strutture dei movimenti sociali ambientalisti, climatisti, femministi/transfemministi, pacifisti e no-war. In tutte queste piazze le nostre richieste principali, in particolare come Confederazione COBAS, hanno riguardato l’obiettivo di massicci investimenti nella Scuola/Università, Sanità, Trasporti, Servizi di assistenza e di tagli drastici delle spese militari; la stabilizzazione di tutti i precari/e e dei lavoratori/trici in appalto della P.A; il rinnovo dei contratti pubblici e privati con aumenti salariali che recuperino totalmente l’inflazione reale; l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, l’introduzione per legge del salario minimo; la tutela reale della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; la libertà di movimento, i diritti di cittadinanza. Nello sciopero e nelle piazze si è espressa l’opposizione contro le politiche sociali ed economiche del governo Meloni e in particolare contro la legge di bilancio per il 2025; il D.d.l. (Sicurezza) n. 1660 che criminalizza il conflitto sociale; l’Autonomia differenziata che acuisce le differenze sociali tra i territori e tra i cittadini/e; la guerra e l’economia di guerra; la privatizzazione delle aziende energetiche, delle Poste, delle Telecomunicazioni, del trasporto pubblico, dei servizi di igiene ambientale, della Sanità, dell’istruzione, per la ripubblicizzazione di quelle già privatizzate; gli appalti e subappalti che precarizzano il lavoro e regalano profitti alle imprese private. In particolare poi i lavoratori/trici della scuola presenti in piazza hanno protestato anche contro il taglio di 8000 posti di docenti e ATA, per la revisione delle forme di reclutamento dei docenti e l’immissione in ruolo dei precari/e su tutti i posti vacanti e disponibili; contro la riforma quadriennale degli istituti tecnici e professionali; per il ruolo unico che equipari i/le docenti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado; contro il Liceo Made in Italy; per un’Educazione Civica che contribuisca a formare una cittadinanza responsabile, attiva e inclusiva.
Di particolare rilievo la riuscita della manifestazione a Roma, promossa congiuntamente dai COBAS, CLAP e CUB, che ha raggiunto tutti gli obiettivi auspicati. In primo luogo, assai positivi i numeri dei manifestanti che, malgrado la cancellazione totale del nostro sciopero e delle nostre manifestazioni operata da tutte le TV e dai “giornaloni”, hanno visto in piazza 5 mila partecipanti (il contemporaneo corteo di Cgil e Uil ha registrato 3-4 mila presenze, malgrado l’incessante battage pubblicitario dei media). Ma poi e soprattutto, siamo orgogliosi di due rilevanti novità, la prima delle quali costituita dall’accantonamento degli “orgogli” di organizzazione, con le strutture sindacali (COBAS, CLAP e CUB) che hanno rinunciato agli striscioni con le proprie sigle ed hanno così sfilato mescolandosi con le rispettive bandiere senza “paratie” divisorie. E il secondo motivo di orgoglio è aver ottenuto la partecipazione delle principali strutture di movimento ambientaliste, femministe/transfemministe e nowar che si sono succedute nei comizi finali senza distinzione di “specializzazioni” sindacali o sociali, alternando spontaneamente interventi maschili e femminili. Infine, da non trascurare che il corteo romano ha recuperato obiettivi e riferimenti simbolici che erano divenuti off limits nell’ultimo decennio, dal Ministero Economia e Finanza, sotto il quale abbiamo sostato e protestato per una buona mezzora, fino alla piazza massimamente centrale di P. Barberini, ove si è conclusa la manifestazione, con l’impegno a cercare di estendere questa modalità di mobilitazione e convergenza unitaria su tutto il territorio nazionale nei prossimi appuntamenti ravvicinati che ci attendono.
Piero Bernocchi portavoce Confederazione COBAS
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