La scuola italiana degli ultimi anni è coinvolta in un processo di mutazione che vede spostarsi l’attenzione dai programmi (ciò che si deve imparare), all’individuo.
Molte sono le caratteristiche professionali di un buon docente, prima fra tutte l’attenzione verso la metacognizione, in un’ottica che vede l’allievo al centro del sistema educativo, protagonista consapevole e responsabile del proprio processo di apprendimento. Tutte le caratteristiche che un docente deve padroneggiare dovrebbero, però, concorrere ad una più
grande finalità trasversale.
Chi opera oggi nella Scuola ha chiara percezione di quali siano le emergenze educative dei giovani, prima fra tutte il bisogno di punti di riferimento. Una profonda povertà culturale, in particolare di tipo umanistico, pervade le nuove generazioni, con una conseguente perdita di
sensibilità nei confronti dell’altro e una ancor più preoccupante perdita di capacità critica e di scelte autonome. La compenetrazione fra educazione e istruzione, spesso giustamente sottolineata e auspicata, è il punto nodale.
Porre il giovane al centro dell’azione educativa significa accompagnarlo nel suo percorso di crescita fornendogli educazione, istruzione e educazione attraverso l’istruzione, cioè cultura. La quale è sviluppo della sensibilità, delle capacità di giudizio critico, di gusto estetico. Vuol dire fornire agli uomini e alle donne di domani gli strumenti per divenire persone consapevoli dei propri gusti e delle proprie scelte, che sappiano orientarsi in un sistema caotico e incontrollato di stimoli, qual’è quello in cui viviamo, che sappiano comunicare con proprietà di linguaggio – e con diversi linguaggi – i propri stati emotivi e psicologici.
Se è giusto che il sistema scolastico miri allo sviluppo di competenze socialmente spendibili, che permettano all’individuo di inserirsi con successo nel tessuto civile, non deve venir meno l’attenzione verso i processi espressivi e cognitivo-creativi.
Di fronte ai pericoli derivanti dall’avvento di un sistema culturale computerizzato, la Scuola deve saper sfruttare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie nella didattica, mantenendo quel ruolo di guida e orientamento che le è proprio.
Accanto alle coinvolgenti e efficaci tecniche di apprendimento cooperativo e collaborativo, che attivano la consapevolezza nei confronti del proprio stile cognitivo, il senso di responsabilità, le abilità sociali, non si deve perdere di vista la preziosa risorsa della lezione frontale, capace di trasmettere conoscenze e metaconoscenze dirette, contestuali, arricchite
del vissuto esperienziale del docente, attraverso il suo linguaggio antropologico. Il docente non può essere solo un tecnico di laboratorio che coordina le attività, deve riappropriarsi, invece, del suo ruolo di guida e di riferimento, e di quella autorevolezza che gli deriva dalla conoscenza.
Allora, appare evidente come alcune “cattive abitudini” ormai così diffuse nella Scuola italiana, debbano essere allontanate dalle aule scolastiche, consuetudini derivanti dalla mancanza di consapevolezza, da parte dei docenti, per primi, del loro fondamentale, insostituibile ruolo di guida e di esempio. Nei rapporti interpersonali, nella costruzione di un giusto clima educativo, uno sguardo al passato potrebbe, a volte, non essere così
controproducente e traumatico.
Paolo Peresutti