Home Attualità Il vero problema dei giovani è il lavoro. L’Ai è il futuro

Il vero problema dei giovani è il lavoro. L’Ai è il futuro

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Secondo il Rapporto dell’Osservatorio su Innovazione e Digitale, “Giovani, innovazione e transizione digitale” promosso da ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori – Ricerche in collaborazione con Lab21.01, gli under 35 non temono l’intelligenza artificiale; ciò che li preoccupa è la fuga dei cervelli all’estero. Inoltre nella ricerca di un lavoro, manca la possibilità di fare un’esperienza minima. 

E dunque l’AI è considerata dai giovani  il primo motore dell’innovazione e il principale megatrend della transizione ecologica e digitale. Secondo l’analisi per i giovani il futuro è nell’AI: lo sostiene il 20% di loro, contro il 10% degli italiani in generale; lo individua come megatrend del futuro il 10% degli italiani in generale contro il 3% degli under 35, gli smart places, quasi il 15% contro il 4% dei giovani, e l’entertainment, 15% contro il 12%. 

Significativo appare invece quanto sostengono gli under 35 per i quali andare all’estero è sempre meno una scelta e sempre più una necessità: la fuga dei cervelli rappresenta un problema per il 90% dei giovani contro il 70% degli italiani. 

Ma lo scoglio maggiore è trovare una occupazione in Italia, per cui l’indagine ha esplorato le ragioni degli ostacoli: secondo il 64,7% degli under 35, contro il 49,7% del campione totale, lo scoglio principale è dovuto alla richiesta di un’esperienza minima che i giovani non hanno ancora avuto occasione di costruire. 

A seguire, la scarsa propensione delle aziende ad assumere (54,1% e 55,7%), ma anche l’idea per cui un laureato sia troppo qualificato, che rappresenta un fattore rilevante per il 38,9% degli under 35 ma solo per il 19,4% del totale degli intervistati. 

Tra le cause non mancano nemmeno la saturazione dei settori d’interesse(21,4% e 11,2%) e le offerte poco gratificanti (21,2% e 21,6%).  

Per gli under 35 le maggiori problematiche sono: scarsità di risorseper avviare un’attività o un’impresa (49,7%), turn over occupazionali bloccati (43,5%), poca attitudine all’innovazione e al rischio (32,4%), ma anche poca comunicazione tra domanda e offerta di lavoro (28,6%) e troppa burocrazia (26,2%). 

E anche se con percentuali leggermente minori le stesse cause sono identificate dal campione generale. Ad emergere invece è la considerazione del costo del lavoroche rappresenta un problema per quasi il 25% degli italiani ma per solo l’8% degli under 35. Le percentuali tornano ad allinearsi su un tema che ha creato molto dibattito in questi ultimi mesi, il costo troppo alto degli affitti, che impedisce un trasferimento nelle città sede di lavoro (16,8 e 18,6%).  

Ma allora a  chi spetta gettare un ponte tra la formazione e le aziende? Per gli under 35, questo è prima di tutto compito delle università (53,7% degli under 35 contro 41,3% del campione totale) e dello Stato (51,7%), che viene invece al primo posto se si considera il totale degli intervistati (53,9%). Al terzo posto le aziende, per il 40,8% dei giovani e il 39,1% del totale. Possono giocare un ruolo importante però anche le strutture di coordinamento tra domanda e offerta (15,9% e 19,7%), le associazioni di categoria (6,3% e 11,6%) e gli enti locali (6,2% e 12,7%).  

Relativamente alla innovazione dall’indagine emerge una forbice nella valutazione di quelli che sono i principali elementi d’innovazione di un’azienda: gli under 35 mettono al primo posto investimenti in strumenti, macchinari e tecnologie all’avanguardia (36,2% contro 25,7% del totale), e di seguito un gruppo dirigenziale giovane (28,7% vs 23,2%) e la conoscenza degli strumenti digitali (21,4%), diversamente dal campione generale che concorda solo per il 6,7%. 

Lo stesso divario si osserva rispetto all’apertura a nuove forme di commercio e di contatto col cliente finale, fondamentale per il 23,4% del totale ma appena per il 2,3% dei giovani. In maniera analoga, la capacità di usare in modo nuovo vecchi strumenti, macchinari e tecnologie è importante per l’8,1% del totale e solo per il 2,9% dei giovani lavoratori. Sono poi menzionati anche presenza sui social network e presenza di molti giovani tra i dipendenti.