In questi giorni c’è grande attenzione mediatica e istituzionale sul delicato caso di Ilaria Salis, la 39enne di Monza trattenuta in condizioni disumane in un carcere ungherese da quasi un anno, accusata di aggressione dei nazifascisti lo scorso febbraio a Budapest.
Proprio ieri c’è la prima udienza del processo. La Salis, lo ricordiamo, è una maestra elementare che, come riporta RaiNews, è arrivata in tribunale legata per le mani e i piedi, tenuta per una catena e sorvegliata su una panca da due agenti di un corpo speciale di polizia penitenziaria che indossano il giubbotto antiproiettile e il passamontagna per non essere riconosciuti.
Già a dicembre si è mobilitata la famiglia, che ha cercato senza successo di farsi aiutare dalle istituzioni per sbloccare la situazione. Il padre della docente ha scritto alla premier Meloni (due volte), al Guardasigilli, al ministro degli Esteri, ai presidenti di Senato e Camera, per un intervento diplomatico a tutela dei diritti di sua figlia.
Adesso finalmente qualcosa si sta muovendo. “Chiediamo al governo ungherese di vigilare e di intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie – ha detto il numero uno della Farnesina Antonio Tajani – della cittadina italiana detenuta in attesa di giudizio”.
La Procura ungherese ha ribadito la richiesta di condanna a 11 anni di carcere, ma Salis rischia una pena massima a 16 anni secondo il codice penale magiaro. Richiesta “eccessiva” afferma il padre della 39enne, Roberto Salis, alla tv ungherese Rtl. L’uomo è “preoccupato” per le condizioni di detenzione, descritte come disumane in alcune lettere inviate in Italia, e ha detto che sostiene la lotta antifascista della figlia.
“Non è anarchica e non fa parte di Hammerbande, il gruppo tedesco che promuove assalti contro i fascisti. Ho letto le 800 pagine dell’inchiesta di Lipsia su Hammerbande e il nome di Ilaria non esce mai. È un’insegnante di scuola elementare e un’antifascista vera, militante. E io di questo sono orgoglioso. Passo il tempo a tradurre dall’ungherese gli atti d’indagine, perché non ce li hanno dati in italiano. Mia moglie, ex insegnante, si sveglia alle 4 di notte. E mi sveglio anch’io. Rimaniamo così per ore, con gli occhi a guardare il soffitto, aspettando che qualcuno ci risponda”, ha detto mesi fa il genitore.
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