Situazione di emergenza all’asilo: è necessario cambiare il pannolino a una bimba disabile. Ma le collaboratrici scolastiche oppongono un netto rifiuto, sostenendo che quel compito non è incluso nelle mansioni loro affidate.
Condotta umanamente censurabile, e sanzionabile dalla giustizia: le tre donne sono ritenute condannabili per “rifiuto di atti d’ufficio” e per le “lesioni” riportate dalla bambina. A salvarle, però, è la prescrizione.
Pannolini. Ricostruita in maniera dettagliata la triste vicenda. Tre «collaboratrici scolastiche» si sono «rifiutate di procedere al cambio dei pannolini di una alunna della scuola materna», e questa decisione ha causato delle «piccole lesioni» alla bambina.
Inevitabili le contestazioni alle dipendenti della scuola, che, però, riescono a evitare la condanna grazie alla «prescrizione». A loro carico, comunque, resta l’obbligo di provvedere al «risarcimento dei danni» in favore dei genitori della bimba.
Rifiuto. Secondo il legale delle tre donne, però, i giudici non hanno adeguatamente considerato le «norme contrattuali», da cui è facile trarre l’assenza del «dovere di far fronte alle esigenze igieniche della bambina» poiché «non era stata offerta alcuna disponibilità; non erano stati attribuiti compiti aggiuntivi retribuiti; non vi era stata alcuna formazione in materia» e «mancava sia uno specifico ordine di servizio, sia il conferimento dell’incarico da parte del dirigente scolastico».
Ogni obiezione, però, si rivela inutile. Per i magistrati della Cassazione, difatti, è generica e non accompagnata da prove certe l’affermazione secondo cui «le collaboratrici scolastiche non erano tenute a far fronte alle esigenze igieniche della minore disabile» (sentenza n. 22786 del 30 maggio 2016).
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Su questo fronte viene richiamato il ‘contratto collettivo nazionale di lavoro’: in esso si legge che i collaboratori scolastici sono tenuti “a prestare ausilio agli alunni portatori di handicap” anche “nell’uso dei servizi igienici e nella cura dell’igiene personale”.
Peraltro, in questa vicenda è emerso che «l’intervento» richiesto alle dipendenti della scuola «assumeva carattere di urgenza», trovandosi di fronte a «una situazione di decadimento dello stato igienico di una minore portatrice di disabilità».
Tutto ciò rende evidente la responsabilità delle tre donne per il «rifiuto di atti d’ufficio», rifiuto reso ancora più grave dalle sollecitazioni effettuate dal «dirigente scolastico». E, allo stesso tempo, è indiscutibile che il comportamento delle collaboratrici abbia provocato «lesioni» fisiche alla bambina. (da dirittoegiustizia.it)
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