“Sono 168 milioni i bambini -segnala l’Ilo- ancora costretti a lavorare, di cui 85 milioni impiegati in lavori estremamente pericolosi. La situazione è migliorata negli ultimi anni: dal 2008 al 2012 i minori che lavorano sono diminuiti di quasi un quarto (da 215 a 178 milioni) e il numero di bambini e ragazzi impiegati in mansioni pericolose si è dimezzato (da 171 a 85 milioni). Ma questo ovviamente non è sufficiente”.
“L’obiettivo, fissato dalla comunità internazionale, di eliminare -avverte- entro il 2016 le peggiori forme di lavoro minorile non sarà raggiunto. A maggior ragione, gli Stati devono intensificare gli sforzi e mettere in campo tutte le misure possibili per conseguirlo nel più breve tempo possibile”.
“I sistemi di protezione sociale, accanto a interventi di controllo e tutela, sono strumenti -avverte l’Ilo- di primaria importanza nella lotta allo sfruttamento dei minori. I bambini sono costretti a lavorare laddove le famiglie non sono in grado di provvedere al proprio fabbisogno. La perdita del lavoro di un genitore, una grave malattia o un infortunio sul lavoro, una catastrofe naturale (siccità, alluvione, cattivo raccolto) costringono la famiglia a spingere i minori ad abbandonare la scuola per mettersi a lavorare per contribuire al sostentamento familiare”.
Secondo l’Ilo, “questo non accadrebbe se gli Stati avessero previsto solidi sistemi di protezione sociale capaci di garantire un reddito minimo alle famiglie e l’accesso ai servizi primari quali sanità e istruzione”.
L’Ilo, pertanto, chiede a tutti i governi mondiali di “impegnarsi a introdurre, migliorare e estendere la protezione sociale, in linea con la raccomandazione dell’Ilo numero 202 sui sistemi di protezione sociale di base”.
L’Ilo chiede anche “di adottare sistemi nazionali di sicurezza sociale adatti ai bisogni dei bambini e che contribuiscano al contrasto del lavoro minorile e di mettere in campo sistemi di protezione sociale dedicati ai minori particolarmente vulnerabili”. (AdnKronos)
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