Sono 152 milioni le bambine e bambini costretti a lavorare, sfruttati e a volte torturati e uccisi come la piccola Zohra, la bambina pakistana di 8 anni uccisa dai suoi datori di lavoro, per la sola colpa di aver liberato i pappagalli dalla gabbia.
E con la pandemia la situazione rischia di peggiorare secondo il report Ilo-Unicef presentato a Ginevra.
Secondo il report dell’International Labour Organization (Ilo) e Unicef «According to COVID-19 and child labour: A time of crisis, a time to act», il lavoro minorile è diminuito di 94 milioni di casi dal 2000 ma l’avanzamento ora è compromesso: i bambini che già lavorano rischiano di lavorare per più ore o in condizioni peggiori, spiega il report. La maggior parte potrebbe essere costretta a svolgere i lavori peggiori, che causano danni alla salute e alla sicurezza.
Secondo il report, un punto percentuale di crescita della povertà induce almeno un +0,7% di aumento del lavoro minorile in certi paesi.
Ci sono sempre più evidenze-spiega il report- che il lavoro minorile aumenta con la chiusura delle scuole che, durante la pandemia, ha riguardato più di un miliardo di studenti in 130 paesi. Quando le scuole ripartiranno, non tutti i genitori potrebbero permettersi di mandare i figli a scuola. Bambini e ragazzi che potrebbero essere spinti in lavori pericolosi e in condizioni di sfruttamento. Le disparità di genere possono crescere in modo serio, con le ragazze particolarmente vulnerabili allo sfruttamento in agricoltura e nei lavori domestici.
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