L’emergenza legata all’epidemia da Covid-19 sta provocando conseguenze in molti settori. Particolarmente colpito appare quello universitario, sul quale si sofferma un studio molto accurato dell’Osservatorio Talents Venture.
“Le immatricolazioni agli atenei – si legge nel report dell’Osservatorio – potranno subire delle ripercussioni sia a causa dell’emergenza sanitaria (come ad esempio una riduzione della propensione a spostarsi per studiare) sia a causa dell’emergenza economica (riducendosi le risorse a disposizione delle famiglie italiane potrebbe ridursi, come avvenuto per altre crisi, il numero di immatricolati). Ad essere più impattati da questa emergenza potrebbero essere pertanto gli atenei che ospitano la maggior parte degli studenti fuori sede (tra cui quelli provenienti dall’estero) e le famiglie appartenente a contesti socioeconomici più fragili”.
I ricercatori dell’Osservatorio partono da un dato di fatto: il Fondo Monetario Internazionale prevede per fine anno una contrazione del PIL non inferiore al 9%, contrazione che potrebbe provocare una riduzione delle immatricolazioni in tutte le Università italiane di circa 35mila unità (-11% rispetto all’anno precedente).
In termini economici vorrebbe dire 46milioni di entrate in meno per le università, ma ancora più importante sarebbe la perdita “umana” se si considera che già adesso il nostro Paese è agli ultimi posti in Europa quanto a numero di giovani laureati.
E’ molto probabile che la perdita di iscritti sarà più significativa nelle Università con un’alta percentuale di studenti fuori sede.
L’ateneo di Ferrara, con oltre 4.000 immatricolati fuori sede, corrispondenti al 67% del totale dei nuovi studenti è in cima alla classifica. Seguono la Bocconi con oltre 1.800 studenti fuori sede (68% del totale) e l’Università di Trento con quasi 1.700 immatricolati fuori sede (61%).
I corsi di laurea che potrebbero risentire più di altri della crisi saranno quasi certamente Medicina e Chirurgia (il 40% degli studenti si immatricola fuori sede) Biotecnologie e Scienze delle attività motorie e sportive (38% per entrambi).
La crisi potrebbe invece agevolare gli atenei telematici che, nell’ultimo decennio hanno visto triplicare il numero delle immatricolazioni.
Per superare questo difficile momento l’Osservatorio propone una sorta di “Reddito di Istruzione” che permetta a tutti agli studenti di iscriversi all’università a costo zero e di ricevere delle risorse aggiuntive (equivalente ad una borsa di studio) in casi particolari, come ad esempio il trasferimento in una città diversa da quella di provenienza.
Ma, a differenza di quanto accade oggi per gli schemi di finanziamento esistenti (prevalentemente esoneri e borse di studio), le somme erogate per finanziare il Reddito di Istruzione dovrebbero però essere restituite dallo studente dopo l’ingresso effettivo del laureato nel mercato del lavoro ed in base al loro reddito percepito.
Un’altra misura importante, utile a contenere i costi per gli studenti, potrebbe essere – sempre secondo l’Osservatorio – dovrebbe riguardare una diversa organizzazione della didattica universitaria, articolata in parte in presenza e in parte con strumenti “a distanza”.
Ridefinire la “politica dei costi” dell’istruzione universitaria ma anche gli stessi modelli di insegnamento e apprendimento “potrebbe – secondo l’Osservatorio – tamponare la contrazione delle immatricolazioni, contrastando congiuntamente sia l’effetto reddito che l’effetto pandemia; e, a vincere questa sfida, saranno gli atenei e i docenti che avranno voglia di mettersi in gioco”.
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