Sono 30.052 gli italiani tornati in patria lo scorso anno, mentre 102.259 quelli che si sono cancellati dalle anagrafi dei loro comuni per andare a stabilirsi in altri Paesi. Un esodo consistente che ha un precedente soltanto nel 2004 (con 102 mila espatriati) che riporta l’Italia indietro di quarant’anni. A dirlo è lo studio dell’Istituto di Studi Politici ”S. Pio V” Le migrazioni qualificate in Italia: ricerche, statistiche, prospettive (Edizioni Idos), presentato a Roma. L’obiettivo della ricerca, come ha spiegato il presidente Istituto di Studi Politici S. Pio V, è quello di suscitare un dibattito ”e fare capire nei palazzi delle istituzioni che sulla formazione, la ricerca e la tutela delle nostre risorse non bisogna scherzare ma bisogna fare il massimo”.
I dati dello scorso anno riportano il Paese nel passato. Soltanto nel 1974, ricorda lo studio, gli espatriati avevano superato le 100 mila unità, mentre lungo tutto il periodo del secondo dopoguerra e dopo il 1961 (con una cifra record di 387 mila) gli italiani che scelsero di lasciare il proprio Paese superavano le 200 mila unità. Un esodo di massa che ha ripreso con due caratteristiche prima assenti: ”nei flussi attuali sono coinvolti in prevalenza giovani italiani e in larga misura si tratta di diplomati e laureati”. All’inizio del 2000, infatti, i migranti con istruzione superiore e terziaria erano un sesto del totale, mentre ora sono la metà. Un cambio di mentalità o una necessità? Quel che è certo, è che il Belpaese, denuncia il volume, persevera nella sua incapacità di utilizzare in maniera adeguata i suoi laureati e in generale il personale qualificato. A controbilanciare la fuga di cervelli verso l’estero, tuttavia, una positiva circolazione di personale qualificato proveniente dall’estero, in grado di ”contenere la partenza dei talenti italiani”. L’Italia ”esporta intelligenze e importa stranieri – diplomati e laureati – che in realtà hanno un grado di preparazione pari o superiore rispetto a quanto ci si aspetta”.
Non è dunque vero che l’Italia attrae stranieri poco qualificati. ”Il livello di istruzione è ormai molto simile, in particolare dopo l’introduzione della Laurea breve, nel 2009, il livello di istruzione è molto simile”.
Sono circa 500 mila i laureati stranieri nel Belpaese a fine 2014. Quel che accomuna questi giovani, è il loro impiego. ”Scarsamente impiegati e poco valorizzati”. Altro tasto dolente rimangono gli investimenti nella ricerca scientifica sia da parte del settore pubblico che privato, mentre scarsi rimangono gli investimenti nell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del Pil contro una media Ue del 4,9%). A spingere all’emigrazione conclude la ricerca sono soprattutto la mancanza di posti di lavoro, anche qualificati, il lavoro nero e lo scarso valore attribuito al merito. L’unica strada per cambiare le cose è quella di ”ricreare un ambiente vivo e aperto ai ricercatori italiani e quelli provenienti dall’estero”. (Ansa)
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