Nessuna grande novità, però, visto che era un risultato che già con la finanziaria 2007 il Governo Prodi auspicava, proponendo un piano triennale di 150.000 assunzioni di docenti e di 30.000 Ata, che avrebbe condotto ad un significativo svuotamento delle graduatorie permanenti, che da allora diventavano ad esaurimento.
E qui la Bastico mette il dito nella piaga. Perché in Italia, come diceva padre Dante in un famoso passo della Commedia, non arriva a metà novembre ciò che viene fatto a ottobre. Infatti, a causa della caduta del Governo Prodi, solo la prima annualità del piano allora ebbe attuazione. Poi il piano è stato falcidiato dal triennio di tagli voluti da Tremonti e Gelmini, tagli di 8 miliardi di euro e di 132.000 docenti e Ata.
Secondo l’ex viceministro, dunque, facendo un calcolo dei pensionamenti annuali (calati di numero negli ultimi anni a causa della riforma Fornero) e delle mancate assunzioni, nella prospettiva dal prossimo anno dell’organico funzionale, “la capienza per le immissioni in ruolo” (cioè i posti in organico coperti da docenti precari) c’è abbondantemente.
D’altronde non è poi tanto sicuro che i precari convengano allo stato: il maggior costo per lo Stato del personale di ruolo rispetto a quello precario è tutto da dimostrare. È vero, infatti, che ai precari non vengono pagati i mesi estivi, ma è vero che in questi mesi percepiscono una indennità di disoccupazione. C’è chi, calcolando i costi di gestione delle molteplici operazioni attinenti al precariato (graduatorie, chiamate, assunzioni e licenziamenti), sostiene che di fatto i costi sono uguali o maggiori nel caso del precariato.
Un altro spauracchio poi si profila all’orizzonte per il Miur. Pende, infatti, sul Ministero “la decisione della Corte di giustizia europea, che potrebbe pronunciarsi in modo favorevole ai precari ricorrenti, riconoscendo loro non solo l’assunzione, ma anche il riconoscimento economico di tutti i periodi non pagati e la ricostruzione della carriera. Un rischio enorme, che è prudente per il MIUR non correre!”
E’ necessario però che il Governo avanzi anche la proposta sulle nuove modalità di formazione in ingresso e di assunzione nella scuola: solo così si potrà evitare il formarsi di nuovo precariato.
100mila immissioni in ruolo sono dunque una scelta saggia , buona e giusta. E forse ha ragione la Bastico a precisare di chiamarle immissioni e non assunzioni, dal momento che ogni anno per decenni quei posti sono stati coperti da docenti dipendenti dallo Stato, guarda caso in modo precario. Ma attenzione, se in Italia “a metà novembre non giunge quello che inizia in ottobre…”
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