Stanno emergendo in queste ore i primi dati ministeriali sulle immissioni in ruolo. I numeri non sono assolutamente soddisfacenti per i principali sindacati. I nuovi assunti non saranno neppure 51 mila: se va bene, ha spiegato il direttore generale del ministero ai sindacati, i nuovi arrivati con il contratto a tempo indeterminato saranno quest’anno 40 mila. La metà delle cattedre non avrà il suo docente di ruolo. Si tratta di un dato in linea con quello che è successo gli anni scorsi.
Il contingente che è stato autorizzato dal MEF per le immissioni in ruolo era pari 50.807 posti, un numero ben al di sotto delle aspettative, soppratutto tenendo conto che esiste una disponibilità di posti vacanti superiore a 80 mila cattedre.
Ecco la dichiarazione di Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola: “Dai dati, ancora incompleti, che il Ministero ha presentato ai sindacati, si può ipotizzare un quadro che non si discosta in modo significativo da quello dell’anno precedente: la percentuale di assunzioni, che l’anno scorso era stata del 43,94% rispetto alle disponibilità, non cresce di molto se riferita alle reali disponibilità (oltre 81.000 posti) e non soltanto al contingente di posti autorizzati (poco più di 50.000)”.
“Come lo scorso anno, incide notevolmente il numero delle nomine da GPS, purtroppo ammesse soltanto sui posti di sostegno. Restiamo ovviamente in attesa dei dati definitivi, ma possiamo comunque ribadire alcune considerazioni: il sistema di reclutamento centrato esclusivamente sui concorsi per esami, di cui negli ultimi anni si è avuta una moltiplicazione, non assicura la copertura del fabbisogno di docenti. Occorre avvalersi di un altro canale di reclutamento, che valorizzi l’esperienza di lavoro: le assunzioni da GPS ancora una volta dimostrano che una soluzione è possibile, se ne ragioni e si renda strutturale un canale che da alcuni anni si rivela praticabile ed efficace. Si confermerà anche quest’anno la necessità di un ricorso molto esteso al lavoro precario: una situazione che pesa sulle condizioni di lavoro del personale e anche molto sul sistema scolastico. È il precariato, non la mobilità, a minare alla base la possibilità di garantire la continuità didattica”, questo quanto propone la sindacalista.
Sono arrivate anche alcune dichiarazioni di Giuseppe D’Aprile, segretario generale Uil Scuola, che ha sottolineato quali sono i rischi e le conseguenze del precariato: “Dai primi dati territoriali le immissioni in ruolo non raggiungeranno neanche la copertura del 50% dei posti disponibili (81.000). Una scuola con oltre 200 mila supplenti è un danno per i precari ma soprattutto per gli alunni. Rischiano di cambiare anche tre docenti all’inizio dell’anno sulla stessa disciplina”.
C’è da specificare che la situazione non è cambiata poi così tanto rispetto agli ultimi tre anni, periodo in cui si è avuta la metà delle immissioni in ruolo rispetto al contingente Mef. Nel frattempo c’è da sottolineare che ci sono ritardi delle nomine e che la situazione è sempre più critica in alcune regioni del Nord, dove ci sono moltissimi supplenti.
Ecco il dettaglio, come scrive Il Corriere della Sera: “In Lombardia nonostante le procedure di immissioni in ruolo, ci saranno oltre 25 mila posti da dare a supplenza. Sempre al Nord Italia segnaliamo la situazione del Piemonte e del Veneto, dove si partirà con circa 20 mila supplenti. Si tratta come sappiamo di un problema nazionale che non si limita al Nord Italia – ha ricordato il segretario Uil – nel Lazio i supplenti sono circa 12 mila, mentre al Sud prendendo come esempio Sicilia, Campania e Puglia, ci attestiamo rispettivamente a quota 13 mila, 11 mila e 10 mila”.
“Una scuola che pretende di funzionare con 200 mila supplenti, di cui più della metà sul sostegno agli alunni con disabilità, su un totale di poco più di un milione di addetti, non è certo nelle condizioni stabilità, continuità, qualità. Lo diciamo soprattutto nel giorno in cui, da Caivano, a fronte di una emergenza sociale come la dispersione scolastica si risponde con la cosiddetta agenda Sud e con la minaccia di sanzioni ai genitori”, così, Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL.
“I dati provenienti da tutta Italia ci dicono che un altro anno scolastico si apre all’insegna della precarietà, confermando, purtroppo, le nostre previsioni. Colpa di questa situazione – sottolinea la dirigente sindacale – la scelta di autorizzare un contingente di assunzioni molto al di sotto delle necessità (poco più di 50 mila su oltre 81mila posti disponibili), l’incapienza di molte graduatorie preordinate alle assunzioni a tempo indeterminato, una forbice inaccettabile tra organico di diritto e organico di fatto, l’inadeguatezza e l’onerosità dei percorsi di formazione iniziale per l’accesso all’insegnamento”.
“Fare il necessario, come ha dichiarato la presidente Meloni, in questo caso non può essere rappresentato da una sperimentazione biennale per una manciata di scuole: serve un esercito, ma di insegnanti, stabili e adeguatamente retribuiti. Fare il necessario non è certo tagliare 900 istituzioni scolastiche, di cui oltre la metà al Sud e 161 solo in Campania. Infine, fare il necessario per quanto ci riguarda significa abbandonare la proposta di autonomia differenziata che rischia di spezzare il sistema nazionale di istruzione e aggravare le differenze territoriali e sociali nel Paese”, conclude Fracassi.
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