Nelle istruzioni operative per le immissioni in ruolo che vengono annualmente diramate dal Ministero, si afferma “Per quanto attiene alle nomine in ruolo da effettuare attingendo dalle graduatorie di merito relative a concorsi svolti su base regionale il sistema delle precedenze di cui alla Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (art. 21, art. 33 comma 6 e art. 33 commi 5 e 7) non opera riguardo alla scelta della provincia”.
Si tratta di un’affermazione che non trova fondamento in alcuna disposizione normativa e che appare alquanto singolare.
Si sostiene infatti che il beneficiario delle precedenze previste dalla legge 104 avrebbe diritto di scegliere la sede di lavoro, ma non la provincia.
Pensiamo a Regioni come la Lombardia, la Sicilia, la Puglia, la Sardegna, nelle quali il raggiungimento di una sede può richiedere diverse ore di viaggio e, tuttavia, l’Amministrazione ha il “buon cuore” di consentire al beneficiario della legge 104/1992 di scegliere la sede di lavoro, nella provincia assegnata dall’Amministrazione stessa.
Secondo la discussa disposizione ministeriale, “L’assegnazione della sede a livello provinciale è assicurata prioritariamente al personale che si trova nelle condizioni previste, nell’ordine, dall’art. 21, e dall’art. 33 comma 6 e dall’art. 33 commi 5 e 7 della legge 104/92”, mentre, “per quanto riguarda le nomine da effettuare su graduatorie di merito relative a concorsi svolti su base regionale, il sistema delle precedenze di cui alla legge n. 104/1992 (art. 21, art. 33 comma 6 e art. 33 commi 5 e 7) non opera riguardo alla scelta della provincia.
Per cui, quando la distanza tra le possibili sedi di servizio è tutto sommato modesta (all’interno della provincia) si applicherebbe la legge n.104, mentre la medesima legge non trova applicazione quando la distanza è davvero incolmabile, con ore di viaggio giornaliere.
Com’è facile immaginare, la tesi del Ministero è stata da sempre confutata nelle aule dei Tribunali.
Già nel 2013, il Tribunale di Teramo aveva censurato l’applicazione della norma da parte del Ministero, con ordinanza cautelare confermata anche nel giudizio di reclamo.
Tuttavia, ciò non è bastato al Ministero per rivedere le proprie posizioni.
Recentemente, sulla questione è intervenuto anche il Tribunale di Bologna (sentenza n. 392 del 26 maggio 2021) che ha ribadito la prevalenza delle disposizioni previste dalla l. 104/1992 rispetto alle note ministeriali, dichiarando il diritto di parte ricorrente all’immissione in ruolo nella Provincia richiesta.
Appare di tutta evidenza da un lato l’irragionevolezza della disposizione, dall’altro il suo aperto contrasto con la legge, con grave violazione dei diritti del soggetto disabile.
Non bisogna infatti dimenticare che la ratio della l. n. 104/1992 non è tanto quella di tutelare il lavoratore che assiste il soggetto disabile, ma di consentire al soggetto disabile di fruire di un’assistenza che il nostro sistema di welfare non è in grado di fornire, delegando il familiare a prestare quel servizio che il soggetto disabile ha diritto di ricevere.
Consentire l’assistenza solo all’interno della provincia, ma negarla al di fuori della provincia, si traduce in un’ingiusta e incomprensibile discriminazione tra soggetti disabili, in aperta violazione di diritti costituzionalmente garantiti.
E’ possibile che al Ministero in questi anni nessuno si sia reso conto dell’irragionevolezza di quanto affermato nelle note operative?
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