Didattica

Imparare a memoria le tabelline è metodologicamente giusto?

Una volta arrivati in quinta elementare, tutti i nostri alunni dovrebbero aver imparato le tabelline per continuare ad utilizzarle anche alle scuole medie e superiori, per riuscire a fare dei calcoli a più cifre, siano essi addizioni, moltiplicazioni o divisioni, a mente e velocemente, senza l’aiuto della calcolatrice.

Questi calcoli non sono fini a sé stessi, utili per prendere un bel voto nei vari test scolastici o a risolvere i problemi dettati dalla maestra di turno.  Le regole che stanno alla base del calcolo aritmetico fanno infatti parte della nostra vita quotidiana, dal calcolo di un prezzo o di una percentuale di uno sconto, alla misura di un mobile o della superficie di una stanza, per cui è bene che fin da piccoli i bimbi imparino a contare sulle tabelline per sapersi destreggiare tra i più semplici aspetti della loro vita futura.

Nel 2012 l’ex ministro Fornero citando alcuni dati sui giovani della fascia d’età fra 18 e 24 anni, con titolo di scuola media inferiore e non inseriti in altri percorsi formativi (la media europea è del 14%, in Italia del 18,8%, in Spagna dell’11% e in Francia del 12%), in un intervento a un convegno sull’apprendistato a Torino affermò: i nostri giovani sanno troppo poco. Non conoscono le lingue, l’italiano compreso e neanche i rudimenti della matematica. Non sanno fare di conto”.

In un articolo di Repubblica nel 2016 si scriveva “Oggi la scuola italiana spesso insegna le tabelline come cantilene, cioè con metodi solo verbali. E i bambini le imparano come potrebbero fare con l’incipit dei “Promessi Sposi”, che poi si dimentica quando non si ripete più”.

Invece vanno imparate con un ragionamento dietro, che sia un ragionamento insegnato da un adulto o una strategia che il bambino scopre da sé. “Cioè: vanno mandate a mente con il loro significato matematico, e non usando la memoria per esempio in associazione alla cantilena o a particolari disegni”.

Sempre nel 2016 secondo Nick Gibb – ministro dell’Istruzione inglese in quel periodo – le tabelline non solo servivano, ma andavano rinforzate. Per questa ragione allargò i programmi di studio, specificando che, all’età di nove anni, i bambini inglesi dovevano conoscere a memoria le tabelline fino al 12.

Sarebbero poi eseguiti test, così come d’uso nei paesi anglosassoni, a bruciapelo e a tempo, per richiedere ai bambini di dimostrare la competenza acquisita.

Nei paesi occidentali però, non soltanto a livello accademico, l’utilità del imparare a memoria (che si tratti di tabelline, di poesie o di capoluoghi di Regione) è da anni fonte di dibattito.

Aldo Domenico Ficara

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