Impiego, la ricetta di Confindustria “per restituire il futuro ai giovani”

Sono quattro le proposte di Confindustria” per restituire il futuro ai giovani”: si va dall’abolizione del valore legale dei titoli di studio alla flexicurity, al sostegno al proseguimento degli studi fino al compimento dell’istruzione terziaria e alla riforma degli istituti tecnici. L’associazione degli industriali le lancerà in occasione della presentazione di “Orientagiovani”, la manifestazione nazionale di orientamento  al lavoro che si terrà il 17 novembre a Vicenza.
L’anteprima del programma è stata presentata il 28 ottobre presso la sede della stessa Confindustria, alla presenza del presidente, Emma Marcegaglia, che ha a sua volta presentato il progetto al Governo.
Queste proposte – ha detto Marcegaglia – testimoniano quanto Confindustria è vicina ai giovani. Noi abbiamo una collaborazione strutturale con il ministero dell’Istruzione e con il ministro Gelmini e oggi stesso presenteremo al Governo queste proposte per dar voce ai giovani e per far sì che non vengano esclusi dalle politiche economiche e fiscali“.
L’associazione degli industriali ritiene che in fatto di occupazione giovanile è giunto il momento di passare a fatti concreti: in base ad uno studio europea sull’occupazione giovanile, i vertici di Confindustria hanno fatto notare come l’Italia nell’Ue detenga la maglia nera per l’occupazione giovanile degli under 30. Gli occupati in questa fascia d’età sono il 64,3% contro il 75,5% dell’Europa a Ventisette. E la crisi riguarda anche i lavori di alto livello: nel 1997 i dirigenti con meno di 35 anni erano il 9,7% del totale, dieci anni dopo sono scesi al 6,9%. Per non parlare degli imprenditori giovani: gli under 35 erano il 22% nel ’97, dieci anni dopo scendono al 15%. O dei quadri: anche loro sono scesi dal 17,8% al 12,3%.
In base allo studio risulta che oggi è la Danimarca ha l’occupazione più elevata in ambito Ue, anche in ambito giovanile, con il turnover degli occupati nelle aziende più elevato nel continente, fino a un terzo l’anno, per consentire alle imprese ristrutturazioni e razionalizzazioni.
Complessivamente i giovani italiani sono anche quelli che entrano più tardi nel mercato del lavoro, mediamente tre anni dopo i loro coetanei europei. Pure la classe insegnante è quella più vecchia d’Europa: gli insegnati con meno di 30 anni sono poco più dell’1%. Mentre l’età media dei ricercatori universitari è di oltre 40 anni. Ma a fronte di tante ombre, ci sono anche alcuni segnali di miglioramento. Il numero dei disoccupati giovani si è più che dimezzato e rappresenta ora il 43,5% del totale contro il 51,2% di dieci anni prima. E il tasso di occupazione è aumentato dal 37,3% al 39,6%.
“A parole – si legge nel Manifesto di Confindustria – tutti sostengono l’importanza dello studio. Nei fatti, però, abbiamo un quarto delle borse di studio della Francia, e spendiamo per il diritto allo studio dei giovani la metà della media Ocse. Bill Gates ha fondato Microsoft a vent’anni, Steve Jobs ha fondato Apple a 21, Page e Brin ne avevano 25 quando hanno dato vita a Google, e Zuckerberg, addirittura, ha inventato Facebook a diciannove anni!”.
Riguardo alle proposte, per il vicepresidente di Confindustria per l’education, Gianfelice Rocca, si tratta “di quattro temi importanti per il futuro dei giovani“. Parole positive sono state spese soprattutto per “il rilancio dell’istruzione tecnica“, considerata “un tassello fondamentale della strategia di ripresa dopo la crisi, senza il quale rischia di venire meno la capacità di innovare e di competere del sistema produttivo del nostro paese“. Dati alla mano Rocca ha ricordato il profondo gap che esiste tra la domanda delle imprese di diplomati tecnici e l’offerta: “Prima della crisi questo gap era di 180mila imprese che cercavano periti tecnici senza trovarli e dopo la crisi è di 76mila un numero ancora alto“.
L’associazione degli industriali ha colto l’occasione per ribadire l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, definendolo un “peso e un residuo del passato che penalizza i giovani capaci e meritevoli“. Le intenzioni di Confindustria sono quelle di sostituirlo con un sistema di accreditamento svolto da agenzie indipendenti. Poi occorre affiancare la flessibilità del mercato del lavoro a nuove garanzie perchè “non si tutela con il posto fisso ma con il sostegno alla persona“. Per la Marcegaglia, infatti, “nel mondo di oggi è difficile mantenere il posto ma occorre tutelare i redditi“.
Per l’associazione la ricetta è “save the people, not the jobs”. L’occupazione giovanile non nascerebbe, infatti, dalla rigidità del mercato del lavoro “ma dalla sua flessibilità affiancata – sostiene Confindustria nel Manifesto – a nuove garanzie, non si tutela con il posto fisso ma con il sostegno alla persona, bilanciata da formazione parallela e obblighi progressivi di accettazione delle proposte di lavoro. E’ il modello indicato in Europa dalla riforma danese del 1994. Allora, la disoccupazione era pari al 12,5% generale, e quella giovanile oltre il 30%”.

A proposito del terzo punto, Rocca ha spiegato che è importante incoraggiare il proseguimento degli studi, attraverso dotazioni cumulative di capitale, “perchè l’ascensore sociale in Italia si è fermato e per ripristinarlo bisogna spezzare l’accresciuta dipendenza dei giovani dai redditi familiari“. A proposito della riforma degli istituti tecnici, il vicepresidente ha ricordato che “con i loro periti, geometri, ragionieri sono stati alla base del boom economico italiano del dopo guerra“. Secondo Confindustria i nuovi istituti tecnici costituiscono, con la loro formazione tecnica e scientifica, con gli stage, con i laboratori, con il forte raccordo con le imprese, la scuola dell’innovazione manifatturiera che è indispensabile per aiutare le nostre imprese ad uscire dalla crisi, formando tecnici motivati e competenti

Alessandro Giuliani

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