Interessante sentenza della Corte di Cassazione relativa all’utilizzo di dati biometrici per controllare la presenza dei dipendenti nel posto di lavoro.
Il caso riguarda un’azienda privata di Catania ma il principio a cui fa riferimento la sentenza può valere per tutti e dovrà essere tenuto nella dovuta considerazione dal Governo in sede di predisposizione del disegno di legge annunciato dalla ministra Giulia Bongiorno con cui si prevede che negli uffici pubblici, scuole comprese, si possa controllare l’entrata e l’uscita dei dipendenti ricorrendo alle loro impronte digitali.
L’azienda catanese aveva subito un procedimento giudiziario per aver installato un sistema di rilevazione delle presenze basato sull’impronta della mano dei dipendenti.
Il tribunale aveva accolto la tesi del collegio difensivo dell’azienda che aveva argomentato che la procedura non prevedeva nessun trattamento dei dati non essendoci una banca dati in cui vengono raccolti le impronte.
Il Garante per la Privacy ha presentato ricorso e così della vicenda si è occupata la Corte di Cassazione che ha invece deciso in direzione del tutto opposta.
La Corte ha considerato l’azienda ‘colpevole’ di non aver chiesto al Garante della riservatezza l’autorizzazione alla raccolta delle impronte della mano e, come riporta l’agenzia Ansa, ha ritenuto non pertinente le motivazioni del Tribunale.
Per la Cassazione, è “irrilevante, ai fini della configurabilità del trattamento di dati personali, la mancata registrazione degli stessi in apposita banca dati, essendo sufficiente anche una attività di raccolta ed elaborazione temporanea”.
Il cammino della proposta della ministra Giulia Bongiorno si fa dunque più difficile.
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